domenica 8 novembre 2009

Stefano Cucchi e la mancata ratifica italiana del Protocollo delle Nazioni Unite contro la tortura

Non faccio commenti sulla vicenda di Stefano Cucchi, il ragazzo morto in carcere dopo pochi giorni e pare in seguito a percosse subite.
Sarà la giustizia a fare il suo corso se ci sarà la trasparenza di tutti come richiesto.
Non faccio commenti perchè di casi come questi ce ne sono stati in passato e purtroppo ce ne saranno in futuro. Indipendentemente se i protagonisti saranno uomini con o senza una divisa. Sono gli uomini, i singoli che fanno la differenza, non tutta una categoria.
Approfitto del tema per riportare un comunicato di Amnesty italiana, che a sua volta approfitta per fare notare (se ancora ne abbiamo bisogno), che l'Italia non è quel Paese civile che tutti pensiamo sia.

La Sezione Italiana di Amnesty International esprime preoccupazione per le informazioni emerse sinora relativamente alla morte di Stefano Cucchi e chiede che essa sia oggetto di indagini approfondite, efficaci e imparziali.
Le autorità italiane dovrebbero favorire l'accertamento della verità e scongiurare il più possibile ogni rischio di impunità, garantendo una collaborazione piena e attiva alle indagini e dichiarando apertamente che è interesse delle istituzioni fare piena luce su quanto accaduto a Stefano Cucchi, accertare le eventuali responsabilità e condurre davanti alla giustizia le persone indiziate di comportamenti criminali.
La Sezione Italiana di Amnesty International ricorda che l'Italia non si è ancora dotata di un organismo indipendente di monitoraggio sui diritti umani, né di meccanismi di prevenzione dei maltrattamenti nei luoghi di detenzione, non avendo peraltro ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, il quale richiede una disamina regolare del trattamento delle persone private della libertà.
"Lo stato è responsabile della tutela dei diritti umani di tutte le persone, comprese coloro che si trovano sottoposte al controllo delle forze di polizia. Queste ultime, a loro volta, hanno la responsabilità di fare uso della forza entro i limiti di legalità, necessità e proporzionalità richiesti dal diritto e dagli standard internazionali sui diritti umani. Quando una persona si trova in stato d'arresto, le forze di polizia hanno l'obbligo di proteggerla dai maltrattamenti" - ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. "Ogniqualvolta emergano dubbi circa l'effettivo rispetto di tali obblighi, indagini efficaci sono necessarie per garantire che la giustizia faccia il suo corso".

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