La scuola è iniziata?
La scuola è iniziata da settimane, ma molte classi si trovano sprovviste di professori, cosicché l’orario è provvisorio. I provveditorati non hanno completato le nomine e assegnato le cattedre vacanti, quindi la scuola deve ancora cominciare con regolarità. Non è questo l’unico indice di “buon” funzionamento del sistema o meno, ma neppure l’unico indizio.
Giorni fa una signora francese, trasferitasi da tempo in Italia con i figli, notava quanto assurdo sia definire “pubblica” la scuola italiana. Era esterefatta dal fatto che – al contrario del suo Paese – qui si paga tutto: libri, cancelleria, pulmino, sport, mensa, mentre in Francia questi servizi sono a carico della scuola, cioè dello Stato. “Allora qual è la differenza con le private?” si chiedeva.
Le richieste degli istituti alle famiglie sono quotidiane: dalla “quota di frequenza per il funzionamento scolastico” alla necessità di avere pacchi di fogli A4 per la fotocopiatrice, pennarelli, scatoloni d’acqua minerale, carta e quantaltro.
Ciò dimostra che le risorse destinate alla scuola sono insufficienti e che lo Stato italiano non fa della formazione la sua “missione” (pure Sarkozy taglierà 11 mila docenti e ridurrà anche i giorni di lezione).
Le incongruenze sono più d’una. Come quella raccontata la mattina del 25 settembre da un padre ai microfoni di “Prima pagina” (Radiotre).
Ho due figli, diceva, con un anno di differenza e vanno al liceo: il secondo non può usufruire dei libri del primo perché cambiano ogni anno. Non i contenuti, ma l’impaginazione, la scansione delle pagine. Poi vien da sé dire che chi paga le tasse pretenda un servizio conseguente.
In fondo si tratta pur sempre d’un “obbligo”, oltreché d’un “diritto”.
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