martedì 22 aprile 2008

L’eurocrazia reintroduce la pena di morte

In nessun Paese europeo è ormai in vigore la pena capitale. Ma ora, tutti stanno per introdurla senza saperlo - o senza dirlo - semplicemente per il fatto di ratificare il Trattato di Lisbona, la cosiddetta costituzione europea. Lo segnala Helga Zepp-Larouche (la moglie di Lyndon), messa a sua volta sull’avviso da un insigne gruppo di giuristi tedeschi ed austriaci.
Uno di loro, il professor Albrecht Schachtschneider, uno dei quattro giuristi che stilarono uno storico esposto contro il Trattato di Maastricht, ha spiegato come la pena di morte venga reintrodotta alla chetichella. Non è citata nel testo del trattato, ma in una nota di una nota a piè di pagina.
Proprio così: chi accetta il Trattato di Lisbona accetta con ciò anche la Carta dell’Unione Europea. La quale proclama: la pena di morte è abolita, ma poi rimanda ad una nota a piè di pagina, in cui si legge: «Eccetto che in caso di guerra, di disordini, di insurrezione» (war, riots, upheaval). La cosa è di estrema gravità giuridica.
Un intero super-diritto penale speciale viene affermato in una nota, senza alcuna definizione dei reati da punire con la pena suprema. Chi decide che i «disordini» eventuali hanno raggiunto un’intensità tale da far sospendere l’abrogazione della pena di morte? Quali tribunali la irrogheranno? Tribunali speciali, appositamente allestiti per l’emergenza? E quando una serie di proteste di massa comincerà a venire giudicata come «insurrezione», passibile di morte?
Ed anche la menzione del caso di guerra, che potrebbe sembrare accettabile (molti Paesi mantengono la pena suprema nel diritto di guerra), assume invece una terribile ambiguità nel contesto del Trattato di Lisbona.
Difatti, per la Clausola di Solidarietà, ogni nazione europea è tenuta a partecipare ad azioni militari quando si tratti di lottare contro «azioni terroristiche» in qualunque altra nazione. Ovviamente, nota Helga Zepp, il concetto di «azione terroristica» è molto indefinito, colmabile a piacere dei significati più opportuni. Chi ha il potere di definire un atto «terroristico»?
Quello almeno lo sappiamo: Israele. Il popolo eletto ha il potere di definire «terroristici» gli atti di autodifesa del popolo palestinese come dei libanesi sciiti (Hezbollah) o addirittura designare interi stati (Siria, Iraq, Iran) come «terroristi», e la definizione di Israele viene immediatamente adottata dai servi noachici europei.
Come noto, Sion cerca continuamente di ampliare la latitudine della fattispecie delittuosa: i proclami dell’imam di Carmagnola sono «complicità in terrorismo» per i vari ministri dell’Interno, e sono costati al patetico personaggio l’espulsione con decreto di polizia, extra-giudiziale: gli è andata ancora bene, col Trattato di Lisbona rischiava la testa. Ma noi, sotto il Trattato, ci resteremo.
La critica ad Israele per le atrocità contro i palestinesi è - come ha sancito l’esimio giurista delle note-spese truccate, Napolitano - puro e semplice «antisemitismo». Dunque già quasi «complicità in terrorismo». Ancora uno sforzo (del «grande amico di Israele», il Salame) e rischiamo tutti di finire impiccati: a piè di pagina. Ossia in qualche scantinato del Viminale, o della Corte Europea? Non si sa.
Il testo del Trattato di Lisbona viene ratificato di nascosto dai parlamenti nazionali, senza discussione pubblica nè dibattito aperto. In Germania, dice Zepp-LaRouche, il testo non è stato nemmeno pubblicato (e non vorrei sbagliare, nemmeno in Italia). Del resto, così com’è, è incomprensibile per i non addetti ai lavori.
Per comprenderlo, bisogna integrarlo passo passo con la Costituzione europea defunta - quella che fu bocciata per referendum da Francia e Olanda nel 2005 - perchè ad essa fa riferimento Lisbona. E in che modo?
Con un trucco ben noto al sistema parlamentare-leguleio italiano: la inserzione. Il trattato di Lisbona è tutto un seguito di espressioni come: «Articolo 5, punto 9, sotto-sezione 2 - la parola A è sostituita dalla parola B». E ciò per 400 volte. Solo dopo che uno studente di legge di Lipsia s’è accollato la fatica, e l’ha postata su siti web, il governo tedesco ha messo in circolazione il testo.
Alcuni giuristi, fra cui il citato Schachtschneider, e il professor Hans Klecatsky, uno degli estensori della costituzione austriaca, hanno dunque esaminato il lavoro di taglia-e-cuci burocratico. Hanno ritrovato la pena di morte per «disordini» a piè di pagina, e molto di più.
Soprattutto, il definitivo esautoramento dei parlamenti: di quello europeo, il solo corpo elettivo della UE, e a maggior ragione dei parlamenti nazionali, chiamati solo a ratificare senza discutere ciò che decidono la Commissione e il Consiglio. Anche e soprattutto in caso di «guerra, disordini, insurrezioni» e «atti di terrorismo»: basta che uno Stato, un ministro Frattini qualunque, proclami che è in corso un «atto di terrorismo» (i quali, come sappiamo, possono esesre provocati «false flag»), e tutti i Paesi si trovano in guerra, senza diritto di esenzione nè di veto.
E’ comicamente significativo che l’onnipotente Commissione si arroghi la decisione su tutto, tranne che sulla «politica estera e sulla sicurezza»: a decidere quelle per noi ci pensa la NATO. Ossia Us-raele. Che abbiamo visto come decide e definisce i «terroristi»: domani, non potremo più rifiutarci a partecipare alla prossima invasione per il bene di Sion.
Ripetiamo: tutto ciò sta passando alla chetichella, di nascosto dai cittadini. Zitti zitti piano piano. La prova viene da uno scoop del Daily Mail irlandese.
L’Irlanda è il solo, ultimo Paese, in cui il Trattato di Lisbona sarà sottoposto a referendum popolare, perchè così prevede la Costituzione irlandese (che poi sarà abolita). Il giornale è venuto in possesso di un memorandum al governo britannico, in cui la diplomatica britannica Elizabeth Green rende noto il risultato di un suo incontro dietro le quinte con Dan Mulhall (direttore generale al ministero Esteri irlandese per la UE): costui assicurava i britannici che il governo irlandese si impegna in una campagna di disinformazione attiva dei suoi cittadini, «concentrando l’informazione sui benefici generali della adesione alla UE più che sul trattato di Lisbona in sè».
Nessuna pubblicazione, sordina alla «libera» stampa (che «liberamente» accetta di tacere). Il governo irlandese ha persino chiesto alla Commissione di Bruxelles di «moderare il tono o ritardare ogni annuncio» che possa essere «controproducente», nel senso di svegliare gli elettori alla realtà. Il governo irlandese ha anche deciso la data del referendum, il 29 maggio, «ma ne ritarderà l’annuncio in modo da tenere il campo del No all’oscuro» fino all’ultimo, sicchè non abbia tempo di preparare una campagna d’informazione efficace.
Non credo che questo atteggiamento abbia avuto mai un precedente: mai nella storia un governo eletto, che esercita la sovranità del popolo per sua delega, deve aver venduto la sovranità ad una burocrazia trans-nazionale e irresponsabile in questo modo surrettizio. E’ chiaramente una situazione che può giustificare «disordini» e «insurrezioni» da parte dei popoli traditi. Ma come abbiamo visto, l’eurocrazia si è premunita con nota a piè di pagina.
La rivolta contro l’oligarchia non eletta è diventata delitto di Stato, gli oppositori alla vendita sono nemici di Stato, i soli contro cui si applica ancora la pena capitale. Lesa maestà del Mostro Freddo. Il Mostro Freddo è ormai sicuro del fatto suo.
La ratifica del Trattato di Lisbona è ancora incompleta, ma già gli oligarchi non-eletti di Bruxelles hanno deciso di come dotare il futuro presidente della UE (già deciso anche quello: deve essere Tony Blair) dei simboli di «status» che gli competono. Barroso gli ha dato una «residenza ufficiale tipo Casa Bianca», uno staff personale di 22 persone, e avrà anche un jet presidenziale tipo Air Force One.

Fonte: Effedieffe

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