mercoledì 16 aprile 2008

Neo-imperialismo atomico... all´italiana

L’ipotesi della delocalizzazione delle centrali nucleari per produrre energia utile al fabbisogno del nostro paese, lanciata da Giulio Tremonti, ha trovato un vasto coro di consensi, che senza esitazioni si può definire bipartisan. Dall’appoggio incondizionato di Casini che già preannuncia che «anche dall’opposizione si potrà contare su di me», fino a Enrico Letta (da tempo nuclearista) che battezza positivamente «joint venture per sfruttare il nucleare con Francia, Slovenia ed eventualmente anche Albania».
I sostenitori di un ritorno all’energia dall’atomo, sempre più diffusi soprattutto nell'ultima campagna elettorale, sino ad ora frustrati dal fatto che un referendum lo ha bandito dal nostro Paese, trovano adesso - oltre alle giustificazioni che questo tipo di energia offra la possibilità di provvedere ai necessari tagli di emissioni di anidride carbonica - anche la via d’uscita al problema di ottenere il consenso popolare per la localizzazione dei siti dove costruire le centrali. Che secondo quanto dichiarato dal Pdl dovrebbero essere almeno 4 o 5.
L’espediente potrebbe allora essere, per il nostro Paese, di costruire centrali fuori dai confini e di riportarla poi a casa attraverso reti di distribuzione. Non più quindi solo importatori, quali adesso siamo dell’energia atomica francese. Non più solo la partnership di aziende italiane nella costruzione e gestione di centrali in altri paesi, come avviene già in Slovenia. Non più solo esportatori di tecnologie per committenze straniere, quali l’Albania. Che è quello che appunto sta già facendo il nostro paese, attraverso Enel, Camuzzi, Ansaldo, Terna o quanti altri stanno già lavorando in tal senso.
Ma allora quale altra modalità si prevede per «rilanciare il nucleare con centrali oltre Adriatico» per dirla con le parole di Tremonti? Forse con una sorta di nuovo colonialismo energetico, per cui si pensa di costruire le nostre centrali in paesi che offrirebbero (attraverso i rispettivi governi al di là di quanto pensa l’opinione pubblica) territorio in affitto o in comodato d’uso in cambio di qualche altro favore. Magari disposti anche a tenersi le scorie che ne deriverebbero e a prendersi anche quelle che giacciono stoccate nei vari siti delle nostre centrali dismessi, ancora in attesa di un sito definitivo.
Attenzione però, dice Chicco Testa, che si dichiara «riconvertito all’energia nucleare», che il «nucleare ha bisogno di un’autorità di vigilanza forte, che questi paesi non hanno». Ma lo rassicura subito Adolfo Urso - rivendicando di essere stato l’autore dell’emendamento che nel governo Berlusconi sbloccò la procedura che vietava all’Enel di operare nel nucleare anche all’estero - che sarebbero comunque utilizzate «tecnologie e normative europee»: come dire, colonizzatori sì, ma rispettando le regole.

2 commenti:

mcz ha detto...

E' una situazione assurda di cui possiamo ringraziare i Verdi e le sinistre che a suo tempo proposero e vinsero il referendum.
La conseguenza è stata un costo dell'energia superiore del 30% rispetto agli altri Paesi e il proliferare lungo tutte le nostre frontiere di centrali nucleari costruite per fornirci energia a caro prezzo e senza alcun controllo da parte nostra.
Adesso, da buoni colonizzati, cerchiamo di di reagire.
Ma se non si annulla il referendum a suo tempo effettuato dovremo sobbarcarci costi superiori dovuti al dislocamento delle centrali all'estero.

Davvero una bella situazione che mette in piena luce la stupidità del nostro Paese.

Unknown ha detto...

Stupidità è non avere puntato fin da subito alle energie rinnovabili e crearne una filiera che parta dalla sviluppo, passi dalla produzione fino all'utilizzo. In un paese che si definisce il paese del sole, del mare e del vento!

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