Informatica solidale
Trasformare il proprio lavoro e le proprie competenze in uno strumento per fare del bene. Nel tempo libero. È quanto tentano di fare, con successo, i soci di Informatici Senza Frontiere (ISF), un'associazione nata nel 2005 in Veneto grazie all'incontro tra un gruppo di manager IT e il dottor Mario Marsiaj - da quarant'anni impegnato in progetti di aiuto per l'Africa - allargatasi rapidamente e che ora conta sezioni in Campania, Puglia, Lombardia, Piemonte e Lazio.
Per certi versi, ISF è una onlus come tante altre. La differenza, spiega a Punto Informatico il presidente e co-fondatore dell'associazione Girolamo Botter, è lo strumento che i suoi soci hanno deciso di adottare: "Il punto di partenza è il desiderio di fare qualcosa per la solidarietà con l'informatica: è la nostra professione, siamo IT manager di tutta Italia". L'incontro con il dottor Marsiaj fa scattare qualcosa: "Davanti alle nostre proposte, ci ha chiesto di andare con lui e vedere cosa era possibile fare: sono andato in Uganda per 20 giorni, ho raccolto le specifiche di un'applicazione discutendo con i medici locali e le ho riportate in Italia".
Grazie alla collaborazione di un istituto superiore di San Donà di Piave è stato così possibile realizzare una applicazione open source. Niente di impegnativo, viste anche le ridotte conoscenze informatiche e i mezzi posseduti dal personale in loco, ma pur sempre un aiuto concreto alla semplificazione e al miglioramento del lavoro di un ospedale. Un ospedale in cui i computer sono rari ma sono ancora più rari gli strumenti indispensabili alla cura di malattie come la malaria, e dove anche l'elettricità non sempre è un servizio garantito.
Una volta terminata la stesura del codice, due volontari sono partiti per l'Uganda: "Occorreva installare i PC, il software, provvedere all'addestramento del personale per il loro utilizzo - racconta Botter - e sono questi i filoni su cui concentriamo il nostro lavoro: realizzazione del software e alfabetizzazione informatica". Nel frattempo altri progetti sono partiti, sia in Africa che qui in Italia: ci sono ospedali in Congo, Kenya, Benin e Madagascar che hanno avviato l'introduzione del software realizzato da ISF, e regolarmente dei volontari partono per recarsi in alcune missioni dove tengono dei corsi di informatica di base. Ma ci sono anche altre iniziative che meritano di essere raccontate.
Come quella che si sta concretizzando in questi giorni in un ospedale di Brescia: "Stiamo portando una rete di computer in un reparto di lunga degenza pediatrica - spiega il presidente - per realizzare una struttura che consenta ai bambini di comunicare con gli amici, la famiglia, la scuola, di divertirsi con i giochi e migliorare il loro livello di vita". Ma c'è anche una casa per ex-senza fissa dimora a Mestre, dove è stata allestita una sala informatica e dove vengono tenuti regolarmente corsi di alfabetizzazione informatica e di formazione. Altri corsi sono tenuti nel carcere di Treviso.
Sono tutti progetti, sottolinea Botter, che potrebbero essere replicati altrove con estrema facilità: il punto debole sono i fondi necessari a realizzarli. "La nostra azione è tutta autofinanziata - chiarisce - ai volontari è chiesto di farsi carico anche delle spese". L'associazione si affida alle donazioni di pubblici e privati, anche attraverso il 5 per mille, ma non sempre è semplice ottenere la fiducia di chi potrebbe contribuire: "Qualcuno ci guarda per capire se siamo una onlus destinata a durare".
Per questo, oltre ai fondi, Botter punta molto anche sull'arrivo di nuovi soci: "Tutti possono contattarci attraverso il nostro sito: cerchiamo volontari esperti di informatica, che possano offrire la loro collaborazione in attività di supporto in questo settore". E magari contribuire ad aumentare la dimensione del movimento, a raggiungere la massa critica: "Oggi siamo 150: ma più siamo, più si apriranno nuove relazioni che consentano di avviare nuovi progetti".
Fonte: Punto Informatico
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