venerdì 27 giugno 2008

La tassa insostenibile - 2

Continua da: http://gianlucaaiello.blogspot.com/2008/06/la-tassa-insostenibile-1.html

Finché i consumatori pagano care le bollette, finché l’Europa sta zitta, finché il parlamento obbedisce alle lobby, il meccanismo funziona.
Ma nei sedici anni che sono trascorsi dal 1992 i consumatori, le associazioni ambientaliste, la stampa, il parlamento, la magistratura e la Commissione europea hanno sollevato più volte delle obiezioni, scontrandosi puntualmente con gli interessi miliardari del CIP 6.
Nel novembre 2006, per esempio, l’Autorità per l’energia abbassò gli importi degli incentivi destinati alle fonti rinnovabili e assimilate, avvicinandoli a quelli reali e producendo un risparmio di 600 milioni di euro sulle bollette per il 2007. Le imprese elettriche si rivolsero prontamente al TAR Lombardia e ottennero l’annullamento. La battaglia si spostò quindi davanti al Consiglio di stato che a gennaio di quest’anno ha dato ragione all’Autorità, restituendole la facoltà di controllare i prezzi e di limitare quelli che definisce «indebiti vantaggi economici per le imprese».
Nel frattempo la battaglia delle bollette si svolgeva anche in parlamento. Nel governo di centrosinistra nato nel 2006, Verdi e Rifondazione Comunista hanno tenuto alta l’attenzione sulla necessità di modificare le norme. Nella Finanziaria 2007, approvata a fine 2006, ottennero la limitazione degli incentivi CIP 6 alle fonti rinnovabili e agli impianti esistenti ma il testo fu misteriosamente alterato all’ultimo momento («un errore di trascrizione», spiegò il governo). L’anno dopo, e siamo alla Finanziaria 2008, i criteri si stringono ancora includendo solo gli impianti realizzati ed operativi.
Passa quindi il principio che nessun nuovo impianto a base di fonti assimilate debba beneficiare di aiuti di stato.
Ma non è la fine dei privilegi. Si prevede che a partire dal 2009 l’energia ritirata dal Gestore inizi a diminuire per esaurirsi non prima del 2020. Ma questi calcoli non tengono conto delle lobby scatenate, pronte a fare l’impossibile per ritardare l’uscita dall’epoca del CIP 6. In parlamento il deputato Renzo Lusetti (Partito Democratico) ha presentato ripetutamente un emendamento alle nuove norme per ritardarne di un anno l’entrata in vigore. «Poi però ho ritirato l’emendamento», precisa. E spiega di averlo presentato nel timore che le nuove norme entrassero in vigore prima della sentenza del Consiglio di stato causando «un pateracchio». Sarà. Negli stessi giorni però alcune aziende elettriche premevano sul governo per ottenere un’eccezione alle nuove regole per gli inceneritori della Campania. Il 20 febbraio Palazzo Chigi ha ceduto.

Ermete Realacci, che da poco ha assunto la carica di ministro-ombra dell’Ambiente nel Partito Democratico, minimizza: «è una goccia nel mare di soldi che sono stati spesi in Campania sul tema dei rifiuti. Se i soldi del CIP 6 fossero effettivamente utilizzati per ridurre lo scandalo dei rifiuti, allora sono ben spesi». Del resto, aggiunge Realacci, sono molto più gravi i sostegni offerti ad altri impianti: quelli che bruciano gli scarti delle raffinerie, per esempio. La vede diversamente Loredana De Petris, ex senatrice dei Verdi, che si è spesa molto per modificare le norme. La Finanziaria, spiega, già consentiva di approvare un decreto entro il 31 marzo, ma il governo non ha fatto nulla. Ha preferito tentare di spostare il termine a giugno. E poi fare un’ordinanza che contrasta con le decisioni del parlamento.
Secondo De Petris, sono forzature che indicano la volontà di scardinare la norma. Sarà vero, come dice Realacci, che gli inceneritori sono solo una parte degli incentivi. Ma in un periodo in cui da più parti si invoca l’inceneritore come il rimedio di tutti i mali della nazione, Confindustria batte pesantemente su questo tasto. Bisogna provare a mettersi nei loro panni. Nel 2006 insieme a fotovoltaico e biomasse gli inceneritori hanno assorbito 871 milioni di euro di aiuti pubblici.
Grazie ai fondi statali negli ultimi dieci anni la produzione nazionale di energia da biomasse e rifiuti è cresciuta di otto volte (dagli 829 GWh del 1997 ai 6.745 del 2006). Senza i finanziamenti, dicono, verranno meno i 17 inceneritori in costruzione nel Mezzogiorno e i cittadini del Sud rischiano di continuare a pagare in bolletta gli incentivi agli inceneritori del Nord. «Le banche sospenderanno i pagamenti», denuncia sul Sole 24 Ore Paride De Masi, coordinatore del gruppo Rinnovabili di Confindustria, che rincara la dose: «Senza inceneritori il fenomeno della Campania potrebbe estendersi alle altre regioni, come la Puglia, la Sicilia, la Calabria e il Lazio». Insomma, le imprese potrebbero salvare il Sud dalla valanga di rifiuti che minaccia di travolgerlo. Ma prima, dicono, rivogliono il Cip 6.

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