venerdì 4 luglio 2008

Il Giornale e lo spreco della lotta al bracconaggio

A volte la furia moralizzatrice a senso unico acceca. Sembra proprio il caso di un articolo pubblicato su “Il Giornale” del 22 giugno che inseriva tra gli sprechi di denaro pubblico le risorse dello Stato per combattere il bracconaggio dei rapaci in migrazione sullo stretto di Messina. Insomma, che il Corpo forestale venga impiegato per salvare avifauna protetta dalla legge italiana e dalle direttive europee, per il Giornale della famiglia Berlusconi, è un lusso e i bracconieri dovrebbero essere liberi di abbattere i falchi pecchiaioli per perpetuare un rito superstizioso che li renderebbe immuni per un anno dalle corna muliebri.
La Lega italiana protezione uccelli non ci sta e risponde al Giornale che «Senza l’intervento ogni anno del Corpo forestale dello Stato sul versante calabrese dello Stretto di Messina i 20mila rapaci in migrazione tra aprile e maggio sarebbero a rischio di abbattimento da parte di migliaia di bracconieri». Secondo la Lipu, evidentemente chi ha scritto l’articolo ignora anche che «Lo Stretto di Messina è uno dei siti più importanti dell’intero bacino del Mediterraneo grazie al passaggio, tra aprile e maggio, di oltre 16mila esemplari di Falco pecchiaiolo cui si aggiungono 800 di Falco di palude e 660 esemplari di Nibbio bruno e altre migliaia di uccelli appartenenti ad altre specie di rapaci. I rapaci sono protetti fin dal 1977 con la legge nazionale n. 968 e dal 1979, a livello comunitario, grazie alla Direttiva “Uccelli”, e dunque qualsiasi atto di violenza nei loro confronti è da ritenersi illegale».
Secondo la direttrice della Lipu, Elena D’Andrea, «Negli ultimi 25 anni il bracconaggio al Falco pecchiaolo, grazie all’intervento delle associazioni e del Corpo Forestale dello Stato, si è fortemente ridotto ma ancora non è stato eliminato. Ma se un domani lo Stato non inviasse più in Calabria gli agenti del Corpo forestale dello Stato saremmo costretti a fronteggiare di nuovo gravissime stragi di rapaci. L’Italia ha una grandissima responsabilità a livello internazionale nella protezione di questo immenso e prezioso patrimonio naturalistico, ed è giusto che lo Stato investa una parte di risorse per proteggerlo adeguatamente. Nel caso della Calabria abbiamo a che fare con credenze e tradizioni anacronistiche. Dobbiamo dunque affiancare ad azioni repressive un intervento culturale. Solo così sarà possibile un ripristino definitivo della legalità».
La Lipu da al Giornale anche una “lezione” di normativa: «Un altro problema che aggrava la situazione del bracconaggio a specie protette è quello delle sanzioni: ormai il bracconaggio è un reato contravvenzionale. Chi uccide un’Aquila reale, per esempio, può chiedere al giudice di essere ammesso al pagamento di un’oblazione e se la cava con una semplice multa di poche centinaia di euro. I controlli attuali vanno mantenuti ma occorre anche modificare la legge, prevedendo pene più severe per chi uccide specie protette».
Ma l’articolo del Giornale ignora anche un altro preoccupante aspetto del bracconaggio: «va infine sottolineato – dice la Lipu - che spesso a Reggio Calabria il Corpo forestale dello Stato si trova costretto a fronteggiare criminali pronti a tutto, i quali utilizzano armi rapinate ai cacciatori nel corso della stagione regolare di caccia, dopo averle nascoste in campagna, con la matricola cancellata, in attesa del passaggio dei falchi».
Insomma, più che al presunto spreco di denaro pubblico, il Giornale avrebbe dovuto guardare ad un fenomeno tribale di inciviltà che ci allontana dall’Europa ed allo spreco reale di bellezza e ricchezza di biodiversità che il Corpo forestale dello Stato è ancora chiamato a difendere (purtroppo) ogni anno in maniera straordinaria sullo Stretto di Messina, un braccio di mare che invece aspetta davvero uno spreco colossale di denaro pubblico molto gradito dal Giornale: il faraonico ponte. Speriamo solo che i bracconieri, liberati dallo spreco dei controlli del Cfs che fanno rispettare la legge italiana e le direttive europee, non siano pronti a sparare più comodamente anche da li verso falchi.

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