Meduse
Jean-Marie Giorgis, vicesindaco di Cannes, è stato ribattezzato “Monsieur Méduse”. La sua principale preoccupazione durante l’estate è prevenire le invasioni di questi animali. Come è successo per dozzine di località lungo la costa nord del Mediterraneo occidentale, l’estate 2007 ha visto le spiagge della rinomata località turistica invase da milioni di meduse, in particolare di una specie, la Pelagia noctiluca, il cui nome latino richiama la sua capacità di emettere luce visibile di notte e le cui punture sono particolarmente dolorose per l’uomo. L’esplosione di meduse ha colpito anche la Spagna, dalla Costa del Sol alla Costa Brava, e persino il locale ministero dell’Ambiente ha dovuto prendere sul serio il problema e adottare misure per combatterla, dal momento che si ripete con sempre maggiore intensità ormai da vent’anni.
Nel 2006 lungo le coste spagnole sono comparse sessanta milioni di meduse e più di 70.000 vacanzieri ne hanno sentito direttamente l’effetto. Braccia e gambe dolorosamente gonfie per le punture e reazioni allergiche potenzialmente pericolose.
Anche quest’anno, con l’estate ormai iniziata, ci si aspetta che milioni di questi piccoli e meravigliosi esseri marini tornino a far fibrillare bagnanti e albergatori sulle coste del Mediterraneo e non solo. Le masse vaganti di meduse sono infatti un “fastidio” sempre più frequente non solo in Spagna, in Francia o in Italia ma in tutto il mondo. Esplosioni eccezionali sono state osservate in Giappone, Namibia, Alaska, Venezuela, Perù e Australia. Dal 2000 il golfo del Messico ha sofferto regolarmente dell’invasione di una medusa australiana, la Phyllorhiza punctata, che intasa le reti dei pescatori di gamberi.
Se da una parte l’aumento delle flotte da pesca e degli impianti di acquacoltura fa crescere la probabilità di interazioni tra meduse e uomo (è dell’anno scorso la distruzione di un impianto di allevamento di 100.000 salmoni in Irlanda), dall’altra sembra ormai evidente che l’evento sia realmente in deciso aumento. E si cominciano a trovare relazioni tra fenomeni diversi.
Prendiamo la costa della Namibia, un’area di pesca di straordinaria ricchezza grazie alla risalita di acque fredde e ricche di nutrienti portate dalla corrente del Benguela. Ora quelle coste sono dominate dalle meduse. Lo stesso sta avvenendo in altre aree di pesca, come il Medio Oriente, il Pacifico meridionale, il Golfo del Messico e il Mediterraneo. Dunque sembra esistere una relazione tra la comparsa in massa di meduse e una pesca eccessiva, una relazione che può essere intuitivamente spiegata conoscendo un po’ la biologia delle meduse. Si tratta di animali che fanno parte del philum degli cnidari, esseri tutti dotati di cnidocisti, gli apparati che, se stimolati dal contatto, sparano una specie di aculeo che inietta la sostanza urticante, in alcuni casi, come le cubomeduse australiane, particolarmente pericolosa. La maggior parte delle meduse passa la prima parte della propria vita nello stadio di polipo, attaccato al fondo roccioso. Altri cnidari, come le attinie o i coralli, vedono prevalere nella loro vita questo stadio. Le meduse invece passano un tempo relativamente ridotto come polipi per poi produrre piccole meduse che iniziano a vivere libere nell’acqua. Una volta adulte, emettono gameti maschili e femminili che, fecondati, si fissano di nuovo al fondo come polipi.
È da citare, in questo contesto, la recente scoperta, a cura di un gruppo di scienziati guidati dal nostro Stefano Piraino, dell’Istituto Sperimentale Talassografico del CNR di Taranto, di una specie di medusa, la Turritopsis nutricola, che si comporta in modo singolare. È infatti capace, dopo aver raggiunto la maturità, di tornare nella fase di polipo, un ciclo che le permette, per usare le parole degli autori «di ottenere una potenziale immortalità», una capacità unica tra tutti gli animali pluricellulari. Le meduse non hanno la capacità di muoversi attivamente e il noto, lento e affascinante movimento delle loro ombrelle ha solo lo scopo di creare una corrente che attira piccoli animali, pesci inclusi, verso i loro tentacoli, dai quali vengono paralizzati e poi passati alla bocca per essere divorati.
Una pesca eccessiva in una determinata area può provocare esplosioni di meduse perché i pesci che si nutrono degli esemplari giovanili di queste diminuiscono e le meduse non vengono più predate nella solita quantità. Inoltre se diminuisce il pesce, cala anche la competizione per il cibo, costituito negli stadi giovanili da zooplancton. Più cibo disponibile significa che le meduse ingrassano e si riproducono più facilmente. Infine, le meduse si nutrono anche di avannotti, quindi, aumentando hanno anche un effetto negativo sulle popolazioni di questi ultimi, con un feedback che rafforza il processo di invasione: diminuiscono i pesci che raggiungono l’età riproduttiva, quindi diminuiscono sempre più i predatori.
A queste dinamiche squisitamente biologiche se ne aggiungono altre, soprattutto nelle aree le cui coste sono densamente abitate dall’uomo. Lo scarico in mare delle fogne e l’afflusso di fiumi inquinati dai fertilizzanti usati in agricoltura aumentano la disponibilità di sostanza organica. Questo provoca una diminuzione dell’ossigeno disponibile che viene consumato dalle esplosioni di alghe, l’eutrofizzazione (pensiamo agli effetti delle famose invasioni di alghe dell’Adriatico di pochi anni fa) rende l’ambiente invivibile per la maggior parte degli animali, tranne pochi, tra cui certe specie di meduse.
Infine, l’aumento globale della temperatura sembra essere un ulteriore fattore che favorisce questi particolari cnidari.
Insomma, che fare? Indubbiamente si prova un certo senso di inquietudine a pensare che le esplosioni di meduse siano la conseguenza della pesca eccessiva, un fenomeno che ormai caratterizza tutti i mari del mondo. Gli effetti di un eccesso di prelievo però non si fermano all’aumento del prezzo del pesce o a una minore disponibilità sui mercati.
Il mare sembra proprio rivoltarsi contro l’uomo, spedendo le sue truppe velenifere direttamente all’attacco. Un po’ come nel visionario e fantascientifico (ma quanto?) romanzo Il quinto giorno. E non saranno certo le reti poste a protezione della spiaggia a Cannes o le poche tartarughe marine liberate in Spagna a risolvere il problema (questi rettili hanno tra il proprio cibo preferito proprio le meduse).
Le meduse sono segnali, i segnali di un cambiamento profondo negli ecosistemi marini del quale, così sembra al momento, gli unici responsabili siamo noi uomini. E la soluzione non è certo “pescare” le meduse e farle sparire dalle spiagge affollate di bagnanti. La loro ondata non si fermerà se non saremo capaci di fermare la continua predazione del mare.
Fonte: Modus Vivendi
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