L'infomobility, un toccasana per ambiente ed economia
Qualche anno fa, un Tir si adagiò su un fianco e ostruì completamente la tangenziale nord di Milano, cominciando a perdere il carico. Era l'ora di uscita dagli uffici, si formò immediatamente una coda che si allungava all'infinito, ferma, impossibilitata a muoversi neanche di un metro. La gente imprecava e piangeva, in tutti i sensi: l'aria infatti era piena dei fumi di ammoniaca che quel camion stava rovesciando sull'asfalto (ma questo si seppe solo dopo molte ore), la situazione degli snodi non era per nulla chiara, mancavano le informazioni, i caselli autostradali avevano le sbarre abbassate e non lasciavano fluire quel traffico abnorme (gli automobilisti dovevano prima pagare il pedaggio, era la consegna burocratica). Sarebbe bastato disporre di un sistema di tracciabilità del veicolo (sapere cosa trasporta, seguirne passo dopo passo il viaggio) e un sistema centralizzato di controllo e di monitoraggio della rete stradale per facilitare le decisioni che in quel difficile giorno i responsabili del traffico avrebbero dovuto prendere. Insomma, sarebbe stato utile un sistema di infomobility.
L'episodio lo ha ricordato Edoardo Croci, assessore per mobilità, trasporti e ambiente del Comune di Milano, intervenendo al convegno organizzato nel capoluogo lombardo da Idc Italia sul tema della infomobility. Come dire, non accada mai più, soprattutto in un territorio che nel 2015, in occasione dell'Expo, si troverà ad accogliere milioni di visitatori in pochi mesi.
Prepararsi per tempo, dunque, anche perché le tecnologie ci sono. Come ha ricordato Ezio Viola di Idc, razionalizzare il traffico fa bene a tutti: all'ambiente, visto che nel traffico urbano si libera oggi il 40% di emissioni di CO2 e il 70% di articolato, all'economia (a causa del traffico e dei ritardi provocati dal traffico in Europa si perdono circa 100 miliardi di fatturato l'anno) e alla salute grazie alla riduzione delle polveri sottili, il famigerato Pm10.
L'infomobility può apportare un aumento della capacità delle reti del 10%, una riduzione dei tempi di spostamento del 20%, un miglioramento della sicurezza del 20%. Considerato che il 50% di quelli che usano l'auto ogni giorno fa "casa e bottega", 5-10 km al giorno al massimo, perché usare la macchina? Insomma, ridurre gli spostamenti non necessari è un imperativo. In questo senso, anche il telelavoro aiuta non poco. Una mobilità sostenibile non può fare a meno del supporto decisivo delle tecnologie informatiche.
Come? In modi diversi, a detta di Viola. In primis, migliorando l'efficienza del trasporto pubblico, con l'e-ticketing, sistemi di trasporto intelligenti (pianificazione di rotte e gestione di flotte), adottando applicazioni mobili sensibili al contesto (miglioramento dei servizi e ottimizzazione della gestione degli asset). In secondo luogo, fluidificando il traffico privato e delle merci, attraverso e-parking, monitoraggio del traffico, sviluppo di tecnologie e servizi a bordo dei veicoli (nel corso del convegno Fiat. Microsoft e Intel hanno presentato la loro visione dell'auto infomobile). In terzo luogo, riducendo appunto i movimenti non necessari, attraverso telepresenza (per i meeting a distanza, risparmiando stress e viaggi di lavoro), il telelavoro, i servizi di e-government e le operazioni di e-commerce ("che sono un di cui..", sottolinea Viola), lo sviluppo di banda larga in periferie e aree rurali. I dati dicono che le soluzioni di infomobility stanno conoscendo una forte espansione, e forse per questo oggi sembrano anche più chiare le criticità. Che, secondo Viola, sono tante e piuttosto importanti: le informazioni poco accurate e la mancanza di dinamismo in tempo reale, che sembrerebbero conseguenza di una importanza ancora relativa attribuita all'infomobilità; l'uso limitato delle informazioni su traffico e inquinamento raccolte dai sensori per l'avvio di procedure automatiche di controllo e smistamento; la percezione di scarsa qualità del servizio rispetto ai costi (colpa della negativa "fama" dei servizi di trasporto pubblico locale); il solito fattore (di arretratezza) culturale.
A proposito, il discorso in Italia sembra riguardare solo poche grandi imprese, che studiano e avviano programmi di infomobilità. Le modalità sono molte, tra le tante Viola cita anche l'auspicato ricorso a figure dedicate (mobility manager).
Fonte: ilSole24Ore
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