domenica 19 ottobre 2008

Mense scolastiche

Riporto quanto dichiarato da Silvana Mazza, responsabile dell’unità operativa Igiene Nutrizione dell’Asl Città di Milano, esperta di nutrizione scolastica ad Altroconsumo. Perfettamente in sintonia con il mio pensiero sulle mense scolastiche e il ruolo delle famiglie.

“Spesso c’è un’eccessiva delega da parte di alcune famiglie al pasto scolastico: lo si pretende perfetto, dimenticando che sono solo 5 i pasti che si consumano in mensa in una settimana. Tutti gli altri si gestiscono a casa. Oltre alla scuola, bisogna ricordarsi che ha un ruolo fondamentale proprio la famiglia”.
La maestra e i compagni, dunque, contano meno?
Il ruolo dell’insegnante è basilare: se la maestra per prima non mangia, i bambini si sentono autorizzati a fare lo stesso. Anche il piccolo leader di classe può influenzare gli amici nella scelta del cibo: l’insegnante, dando il buon esempio, riequilibra la situazione. Ma è la famiglia l’anello principale. A casa i bambini vanno stimolati: i genitori hanno il compito di educarli, variando l’alimentazione, abituandoli a gusti nuovi.
Come si fa ad avvicinare un bambino al cibo?
Non esiste una formula magica, ma semplici gesti quotidiani. Fin dal mattino la colazione deve essere il primo buon giorno che la famiglia si scambia: è difficile, però, se il papà trangugia un caffè sulla soglia o la mamma sale in macchina a digiuno. Un altro modo di avvicinare i bambini al cibo è coinvolgerli nella preparazione del pasto. Anche solo preparare insieme una macedonia può essere un modo per sperimentare sapori e odori nuovi. Ricordiamoci che a tavola veicoliamo i messaggi che i piccoli porteranno con sé crescendo. Il cibo nutre anche psicologicamente.
Perché crescendo i bimbi diventano più difficili a tavola?
I gusti cambiano. I bambini del nido accettano il pasto e lo mangiano, senza metterlo in discussione. Le educatrici si siedono con loro e ricreano, con una certa ritualità, l’ambiente familiare. Inoltre al nido non c’è l’abitudine della merenda e i piccoli arrivano con appetito all’ora di pranzo. Crescendo, il bambino assume spazi decisionali più autonomi. È fisiologico: alle primarie un ragazzino inizia a selezionare cosa mangiare e può cambiare anche l’approccio con la colazione. Il momento più critico è il quarto anno. In questo anno e successivamente nella seconda classe della scuola secondaria facciamo uno screening del peso e dell’altezza del bambino, per vedere se ci sono problemi di eccesso di peso o sottopeso.
E i capricci? Qualche consiglio per combatterli?
Non essere disarmati davanti alle richieste dei bambini: bisogna cercare di mediare, di venire a patti. Se il piccolo non vuole la pasta al pomodoro, ma in bianco, accontentatelo. Se invece rifiuta tutta la pasta, non cedete. Se non gli piace il pesce bollito, non rinunciate a portarlo a tavola: potete farlo al forno e qualche volta anche fritto, nell’attesa che si abitui al sapore. Non mangia la verdura? Non eliminatela dal menù: trasformatela in polpettine o unitela al sugo per la pasta. Idem per i legumi: sono pochi i bambini che li mangiano a scuola, perché pochi li consumano a casa. Eppure sono un’ottima fonte di proteine, possono essere cucinati in vari modi e - a proposito di caro vita - costano poco. Meglio non riempire la casa con merendine e bibite gassate, che il bambino può consumare liberamente. Torniamo a considerare la domenica come un giorno speciale, in cui è possibile concedersi un lusso gastronomico in più. Non facciamo di ogni pranzo un pranzo di Natale.

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