giovedì 28 gennaio 2010

Ormai si costruisce ovunque

Il rapporto 2009 sul consumo di suolo a cura del Politecnico di Milano, evidenzia in modo drammatico la scomparsa di terreni liberi in Italia ad una velocità esagerata.
In Lombardia si perdono ogni anno oltre 4.400 ettari di terreni agricoli, in Emilia Romagna più 7.700. Di questi, quasi 3.800 sono urbanizzati in Lombardia e quasi 3.000 in Emilia Romagna. La provincia con più aree trasformate è quella di Milano, che vede urbanizzato quasi metà del proprio territorio, seguita da quelle di Trieste, Varese e Rimini. Sempre Milano, Brescia e Bergamo (in Lombardia), Bologna, Modena e Reggio (in Emilia Romagna), e Udine (in Friuli Venezia Giulia) sono in testa alla classifica degli ettari edificati ogni giorno. Se però si guarda ai metri quadrati costruiti ogni anno in rapporto agli abitanti, sono le province agricole a registrare le trasformazioni maggiori (Mantova, Lodi, Reggio Emilia, Parma, Pordenone).
Paolo Pileri, docente di pianificazione territoriale presso il Politecnico di Milano e coautore del rapporto afferma: "bisogna tenere conto che la nuova urbanizzazione cresce quanto più ci si allontana dal centro delle città, ed è proporzionalmente più intensa nei comuni più piccoli, come quelli sotto i 15mila abitanti, che in quelli più grandi. Questo sembrerebbe il banale effetto della disponibilità di spazi agricoli o naturali più ampi. Ma non è solo così. Probabilmente incide anche l'incapacità delle piccole amministrazioni comunali di resistere alle pressioni degli interessi privati, tenuto conto del fatto che nei piccoli municipi le relazioni parentali e amicali sono molto strette, e condizionano di più l'elezione dei rappresentanti. E poi c'è la scarsa preparazione culturale e ambientale delle giunte più piccole".
Su quest'ultima affermazione avrei qualche dubbio. La preparazione culturale e ambientale mi sembra non sia legata alla dimensione dei comuni: esistono esempi contrastanti per entrambi i casi.
Le città si trasformano da "isole" ad "arcipelaghi", con alternanza di villette, di piccoli condomini, di capannoni delle piccole e medie imprese e di grandi cinema multisala, discoteche, palestre e centri commerciali. Una forma di città che spesso implica un'elevata mobilità dei cittadini, con le prevedibili conseguenze in termini di consumi energetici e inquinamento ambientale.
Purtroppo, la tendenza delle scelte politiche che portano alla creazione di piani casa che premiamo gli incrementi di volumetria delle piccole abitazioni, o il federalismo che prevede che i comuni si assumano la gestione delle autorizzazioni ambientali oltre che della programmazione urbanistica, porta l'alto rischio che la tentazione di incassare maggiori entrate dagli oneri di urbanizzazione e avere più consensi elettorali finisca per mandare in secondo piano l'attenzione al paesaggio e all'ambiente.
Prendendo spunto dal rapporto, bisognerebbe individuare le politiche pubbliche capaci di contenere il consumo di suolo entro i limiti strettamente necessari e favorire uno sviluppo razionale delle città ricostruendo dov'è già costruito. Inoltre, bisognerebbe completare al più presto la ricognizione del territorio in base a criteri omogenei (ad oggi un terreno agricolo non si chiama così ovunque). Perché, come hanno sottolineano i responsabili dell'Osservatorio, da un punto di vista scientifico oggi nessuno può dire con certezza quale sia la percentuale di suolo italiano urbanizzato. In altri Paesi come Germania, Olanda e Svizzera vengono effettuate rilevazioni annuali poi utilizzate pr elaborare la pianificazione urbanistica.

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