Che disdetta quel telefono
Cambiare operatore telefonico è ancora un lusso? Sebbene il decreto Bersani sulle liberalizzazioni abbia cercato di curare il problema dei costi eccessivi e delle pastoie in cui incorre chi vuole disdire un abbonamento, le cose non vanno come dovrebbero. Tanto che l'Autorità Garante delle Comunicazioni (AGCOM) vi sta lavorando da questa primavera e non è detto che riesca ad avere ragione in tempi brevi sulle resistenze degli operatori.
"Stiamo indagando per scoprire se i costi richiesti dagli operatori per recedere dai contratti sono davvero pari alle spese da loro sostenute per tale operazione", spiega a Enzo Savarese, consigliere AGCOM: "Avremo i risultati per settembre, ma già si vede che alcuni operatori stanno esagerando". Accade per esempio che per lasciare Sky ci si senta chiedere dai 30 ai 228 euro, a seconda del decoder noleggiato (che però resta all'ex cliente). Per non parlare della telefonia fissa. Telecom Italia è tra le meno esose: chiede 48 euro (Iva inclusa) per staccare la linea fissa o l'ADSL Alice. Ma si sale a 60 euro per chi le disdice entrambe (è gratis solo dal secondo anno di abbonamento). La disdetta è sempre a pagamento con Wind (che però applica il costo più basso, 40 euro), con Tele2 (60 euro), Fastweb (49 euro). Indecisa Tiscali: "Potremmo chiedere 50 euro, ma per ora non lo facciamo", spiegano. "Contestiamo questi costi", dice Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali per Altroconsumo: "E non solo perché equivalgono a due, tre mesi di canone e quindi scoraggiano l'utente ad andarsene. Ma anche perché sono costi che gli operatori non documentano".
Poi ci sono anche gli oneri occulti. Per esempio, non è possibile passare da un operatore unico alternativo a un altro, per la linea telefonica (da Wind a Tele2 o a Fastweb: bisogna ritornare da Telecom Italia). Né è possibile passare da un'ADSL all'altra in un giorno: si resta a lungo senza connessione a Internet. Entrambi questi problemi sono in realtà già stati affrontati da una delibera AGCOM uscita all'inizio dell'estate, che chiede agli operatori di organizzarsi per permettere passaggi diretti e rapidi. Ma attende ancora di essere eseguita, a causa di controversie tra gli operatori.
Il problema dei costi di recesso fino a ieri è stato poco sentito nel mondo dei cellulari, ma ora è esploso il caso di 3 Italia, perché da settembre farà scattare rincari su alcune tariffe voce anche per i vecchi sottoscrittori. Gli utenti che avevano un cellulare a noleggio da 3 e che ora vogliono disdire, sull'onda dei rincari, si sono visti chiedere un costo di recesso imprevisto: fino a 240 euro, riporta l'associazione dei consumatori ADUC. Costo giustificato, secondo 3, dal deprezzamento subito dal cellulare a noleggio che, seppure restituito dall'utente al momento del recesso, non può più essere rivenduto come nuovo. "Il costo di recesso dipende dal modello di cellulare e dall'anzianità dell'utente", spiegano da 3.
Gli operatori mostrano una certa insofferenza alla concorrenza anche su un altro fronte: quando l'utente disdice un contratto di telefonia mobile perde il credito residuo sulla SIM. A giugno una delibera AGCOM aveva chiesto agli operatori mobili di riconoscere il diritto a trasportare il credito da un operatore a un altro, quando si cambia con portabilità del numero. Delibera ignorata, cosicché è scattata ad agosto la diffida AGCOM: gli operatori si adeguino entro 45 giorni o saranno multati. Gli operatori si stanno riunendo in questi giorni per mettersi d'accordo sulle modalità. I tempi, però, sono tutt'altro che certi.
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