venerdì 25 gennaio 2008

L’integrazione deve partire dalla scuola

Aprendo i giornali, viene il dubbio che dietro alcune decisioni politico-sociali siano nascoste tremende pulsioni autodistruttive.
Nelle ultime settimane si sono lette due notizie preoccupanti:
- A Milano, il Comune (di destra) ha deciso di negare l’accesso agli asili ai figli di immigrati clandestini.
- A Roma un consigliere di un partito di sinistra ha appoggiato la richiesta di un gruppo di genitori che volevano scuolabus di quartiere separati per bambini rom e bambini non-rom.
Dimentichiamo per un momento il fatto che stiamo parlando di minori, addirittura di bambini, lasciamo perdere il cuore, l’indignazione, il senso di protezione nei confronti degli indifesi, e usiamo solo la cinica razionalità che ci fa perseguire il nostro interesse.
Quale vantaggio avrà Milano da una decisione del genere? Questi bambini saranno costretti a restare a casa, in condizioni di probabile grande difficoltà, non impareranno l’italiano, arriveranno svantaggiati a tutte le scadenze della vita: quale migliore fucina per futuri sbandati?
E il quartiere di Roma? Idem: vedrebbe scorazzare ragazzini rom rabbiosi per l’emarginazione, e resi ancor più molesti dalle dinamiche del gruppo chiuso. Eppure, a Roma una strada la stavano intraprendendo, ed era quella giusta, ovvero della presenza sugli scuolabus di mediatori culturali e volontari (anche perché stiamo parlando di bambini, non di criminali incalliti).
La scuola è il luogo in cui si realizza la vera e seria integrazione. Tra i banchi e sugli scuolabus c’è la possibilità di ridurre al minimo gli spaventosi gap di partenza. Facciamolo, se non per senso di giustizia, almeno perché ci conviene.

6 commenti:

Massi ha detto...

alt fermi un secondo.

Per quanto riguarda Milano le cose sono un po' diverse. La questione è in questi termini:

1) il Comune dice, l'iscrizione agli asili deve essere garantita a chi ha un permesso di soggiorno, altrimenti al momento dell'iscrizione il Comune dovrebbe immediatamente avvertire la polizia e denunciare l'irregolare (queste sono le leggi)

2) altra cosa è l'accoglienza. E cioè il fatto che un genitore non regolare chieda ai servizi sociali del Comune aiuto per le gestione del minore.

Capisco che la questione è delicata però è forse ora di capire che le risorse non sono infinite e che le leggi vanno applicate. Se non sono giuste le leggi bisogna cambiarle.

Su Roma non dico nulla perchè non sono informato sui fatti.

GAMoN ha detto...

Concordo con Massimiliano.
Inoltre il ministro (ormai ex) Fioroni ha minacciato di ritirare il finanziamento di 8 milioni di euro al Comune di Milano se non recede dall'"insano" proposito.

Questa situazione può portare a due possibili scenari:

1) Il Comune mantiene la sua decisione. Effetto: i figli dei clandestini rstano a casa e il Comune perde 8 milioni di euro preziosi in un contesto in cui i servizi (quelli all'infanzia) sono piuttosto carenti.

2) Il Comune recede. Effetto: i figli dei clandestini restano a casa perché i genitori temono di essere denunciati e il Comune ha più soldi da investire in servizi destinati all'infanzia.

Morale: assistiamo a una gara di stupidità ideologica.
Fioroni vuole imporre un'idea di solidarietà che gli stessi interessati eviterebbero di sfruttare, la Moratti contrappone un rifiuto che serve solo a far perdere soldi al Comune (dato che la partecipazione dei figli degli immigrati irregolari sarebbe irrisoria).

Unknown ha detto...

Mi pare che ci sia una netta differenza di vedute.
Il mio pensiero è che le colpe dei genitori non debbano ricadere sui figli, questo sempre e in ogni caso. Qui stiamo parlando di bimbi dai 3 ai 6 anni che non potranno avere una istruzione e gli sarà negata la possibilità di integrarsi senza averne nessuna colpa. Questo è il principio a cui si riferisce il Ministero.
Sempre se di colpe dei genitori stiamo parlando: nella maggior parte dei casi gli eslusi saranno non clandestini (parola troppo generica), ma persone a cui è scaduto il permesso di soggiorno e per colpa della nostra lentezza burocratica sono in attesa del rinnovo.
Un collega di origini libanesi con cui ho lavorato di recente, ha ottenuto la cittadinanza ben 4 anni dopo quanto gli spettava dalla legge: questo vuol dire che per 4 anni gli sono stati negati tutti i diritti che gli spettavano da cittadino italiano.
Forse si dovrebbe guardare un po' più in profondità nella realtà delle cose.

GAMoN ha detto...

Gianluca, condivido pienamente quello che dici.
Ma i dictat e gli ultimatum non servono a niente. Bisognerebbe mettere mano invece a un'armonizzazione delle leggi riguardanti l'immigrazione e i diritti civili.
E rendere la trafila che bisogna affrontare per ottenere/rinnovare il permesso di soggiorno più "umana" e degna di un paese civile.
Con una "quasi zia" ucraina e la badante rumena di mia nonna (ormai considerata persona di famiglia) no so qualcosa.

Anonimo ha detto...

Certo che bisogna migliorare le politiche sull’immigrazione. Per chi già lavora in Italia in attesa di regolarizzazione, quest’anno c’è stato un solo cambiamento del decreto flussi, le code disumane alla posta si sono trasformate in code informatiche. Ma il caso di Milano è un’altra cosa, si tratta di discriminazione. Ogni individuo ha diritto all’istruzione, ogni bambino ha diritto ad essere educato ed accudito. Non voglio pensare che i politici milanesi non approvino la convezione internazione sui diritti dell’uomo e quella sui diritti del fanciullo. Se i posti nelle scuole materne non sono sufficienti, bisogna fare altre scuole e non scatenare la solita guerra tra poveri. Penso anch’io che in questo modo si finisce per escludere maggiormente chi è in attesa di documenti per lungaggini burocratiche. Leggi da rispettare? Sono quelle comunitarie ed italiane. Quest’ultime stabiliscono il diritto (e il dovere nell’età dell’obbligo) dei minori stranieri ad entrare nel sistema educativo statale, qualunque sia la condizione giuridica delle loro famiglie. Ciò dovrebbe essere recepito anche dalle scuole comunali e d’altra parte in questo senso si esprimevano le linee guida per l’integrazione dei bambini stranieri del Ministero dell’Istruzione già all’epoca della stessa Moratti. Se poi vogliamo parlare di leggi non rispettate, da qualche parte ho letto una provocazione …perché non sospendere allora l’erogazione dei servizi pubblici ai figli degli evasori fiscali? ;-) Naturalmente io concordo con Gianluca, le colpe dei padri non devono ricadere sui loro figli.
angela

Massi ha detto...

Sono concorde su tutti i principi.

Ma poi questi vanno applicati.

A mio avviso (e sono andato in fondo alla realtà dato che ho una cognata Rumena e mio padre ha da sempre dato lavoro ad operai ed artigiani extracomunitari) bisogna avere leggi chiare ed applicabili.

Se non possiedo le pratiche corrette (permesso di soggiorno e di lavoro in regola, poi possiamo discutere se la pratica di rinnovo è da considerarsi valida o meno) non è corretto che entri nelle graduatorie per i posti a scuola.

In questi casi devono essere i servizi di assistenza sociale ad intervenire ed applicare servizi e procedure diverse.

Io la vedo così. E non è discriminazione. E' seguire un semplice concetto di legalità e di buon senso.

Il lassismo e l'italianissimo concetto delle eccezioni su tutto hanno portato all'avvento della burocrazia e della non governabilità (che sia di governo o del condominio !).

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