lunedì 4 febbraio 2008

Lo smemorato della 194

Tutto si può dire del Pd, ma non che sia un partito prevedibile. Pochi dei 3,5 milioni di votanti alle primarie di ottobre potevano immaginare che Walter Veltroni avrebbe discusso la legge sull'aborto con Giuliano Ferrara e che il medesimo Ferrara avrebbe preso parte al comitato Valori del Pd, addirittura invitato a prendervi la parola dal presidente Alfredo Reichlin.
La bizzarra rimpatriata fra ex comunisti - un déjà vu anni Settanta - pareva impensabile ancora pochi giorni prima, quando in un'illuminante intervista alla 'Stampa' il supermazziere berlusconian-vaticano aveva gettato la maschera sul movente tutto politico della sua crociata contro l''omicidio' dell'aborto: "Mi piacerebbe che i promotori di questa iniziativa fossero un 'cattolico adulto' come Prodi, una cattolica democratica come la Bindi e una cattolica ex-comunista come la Turco".
E perché non l'amico Silvio, che si dice cattolico a ogni piè sospinto? Ecco: la cosiddetta moratoria non riduce gli aborti, ma in compenso getta una questione sensibile come la 194 tra le ruote già storte del Pd. Altrimenti sarebbe partita durante il governo Berlusconi, che ben si guardò dallo sfiorare il tema. Anche perché la signora Veronica, in una sofferta intervista a Maria Latella, ha raccontato: "Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era malformato e per i due mesi successivi ho cercato di capire, con l'aiuto dei medici, cosa potevo fare, cosa fosse più giusto fare.
Al settimo mese sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover abortire" ('Corriere della sera', 8 aprile 2005). A sentire Ferrara ultimo modello, la signora - che fra l'altro è il suo editore - sarebbe un'omicida. Per nobilitare una campagna tutta politica, l'astuto Ferrara invoca il "diritto alla vita" sancito dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948 e due "laici perbene, seri e responsabili": Norberto Bobbio e Pier Paolo Pasolini, che si pronunciarono coraggiosamente contro l'aborto nel 1981 e nel 1975 (quando Ferrara era abortista sfegatato).
Quanto al diritto alla vita, è singolare che a farsene paladino sia un ultrà della guerra in Iraq che sorvola sulle centinaia di migliaia di civili ammazzati e giustifica le torture ad Abu Ghraib e le detenzioni illegali a Guantanamo. Quanto al compianto Bobbio, le annate del 'Foglio' sono un florilegio di attacchi al filosofo torinese, dipinto come "papa laico", "guru azionista", "moralista" e "giacobino" da strapazzo che "non ha i titoli di profeta e guida della nuova Italia", "parla e scrive col ditino alzato" e "dovrebbe portare rispetto a se stesso, alla sua complicata storia etica e morale" (18. 5.1996) perché "scriveva tremebonde lettere d'amore al Duce" (12.1.1999) e "lusingava Togliatti facendosene lusingare" (17.1.1998). Uno che osa vibrare "pugnalate sicarie" a Berlusconi "con gesti verbali da domatore di circo equestre" e lascia "incustodita la Costituzione, purché a manometterla siano gli amici" (13.11.1996). Insomma un tipaccio abituato a "servire non la verità, ma i suoi rancori personali" e ad "aggiogarsi al carro dei vincitori" (15.9.1999).
Il che, detto da Ferrara a Bobbio, fa già ridere. Mai però quanto Ferrara che fa il suo ingresso trionfale al comitato Valori del Pd.

Fonte: L'Espresso

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