martedì 20 maggio 2008

Tutto libero, ma non troppo

Sarà anche vero che la sinistra non ha capito la gente, che è lontana dalla realtà, come negarlo. Ma anche i grandi giornali non scherzano.
Per esempio: dopo gli acuti strali lanciati dalla grande stampa contro la pubblicazione in rete dei redditi 2005 degli italiani, pare che i lettori non siano così scandalizzati. Populismo di sinistra, tuonano gli editoriali. E anche: gogna! E pure: violazione della privacy!
Tutti più o meno d’accordo nel dire che quei dati non dovevano esser messi in rete (salvo naturalmente pubblicarne a dozzine e centinaia). Ma poi, guarda tu come va il mondo, gli stessi giornali chiedono ai loro lettori: è giusto pubblicarli in rete? Risultati: l’84 per cento dei lettori di Repubblica dice sì. Il 54 e passa per cento dei lettori del Corriere dice sì. E’ abbastanza per sostenere che hanno perso il contatto coi loro lettori?
La faccenda è piuttosto strabiliante. Ma non la faccenda dei redditi, che alla fine è una cosuccia veniale che spiega poco e nulla sul Paese. Ciò che strabilia è che ci siano costantemente informazioni in libertà vigilata.
Beppe Grillo riempie una piazza, un blog, arringa e infiamma centinaia di migliaia di persone. E’ un fatto pubblico. Ma se una trasmissione tivù riprende le sue parole (diritto di cronaca) apriti cielo: era una faccenda pubblica, ma perché renderla “troppo” pubblica?
I redditi degli italiani sono pubblici, ce lo ripetono come un mantra proprio quelli contrari alla pubblicazione, ma così, dicono, sono “troppo” pubblici. Maledizione, eccoci al cospetto di una parola elastica, per cui una cosa è teoricamente nota a tutti, ma se lo diventa davvero scattano infiniti problemi, dalla privacy all’opportunità, dall’istigazione all’invidia sociale, fino all’istigazione al sequestro di persona, come se la mafia avesse bisogno dei redditi pubblicati su internet.
Alla fine, resta la sensazione di vivere in un posto in cui c’è una specie di libertà vigilata. Tutto libero, ma non troppo, tutto pubblico, ma non troppo. Tutto trasparente, ma non troppo. Tutto un po’ stupido. Un po’ troppo.

Alessandro Robecchi

4 commenti:

Massi ha detto...

Secondo me invece la cosuccia dei redditi spiega tante cose su questo paese.

Primo:
si sono fatte tante menate sulla privacy, sulla gestione dei dati sensibili in azienda, su documenti da redigere per spiegare come si proteggono i dati . Tutto giusto. Poi però un viceministro decide di pubblicare su internet le dichiarazioni dei redditi del 2005. Senza avere il parere del Garante della Privacy (altro organo dello Stato). E' corretto secondo voi ?

Tralasciamo le dichiarazioni da fumetto di Visco che ne sono seguite, ma davvero pensate che pubblicarle su internet sia la stessa cosa che renderle consultabili all'Agenzia delle entrate o in Comune ?
E dal punto di vista tecnico ? accesso illimitato ai dati. Dati in formato txt (senza alcun logo del ministero oppure due righe che si certificasse la provenienza del dato) scaricabili e che nel giro di qualche minuto erano in giro per tutta la rete senza controllo.

Il fatto che un dato sia pubblico non lo rende meno importante. Se a pubblicarlo è un ente pubblico è essenziale garantirne la veridicità.

Secondo:
lo stesso Visco ammette di aver ritardato la pubblicazione dopo le elezioni. Quindi non era un passaggio indolore o solamente tecnico. E' stata una manovra politica a qualche giorno dall'insediamento del nuovo governo. Vergognoso.

Terzo:
Non mi sento in un paese in cui c'è libertà vigilata. Anzi. E' però necessario capire che ognuno si deve prendere la responsabilità di quello che dice e di come lo dice.

Quarto:
Durante il fattaccio il sito dell'Agenzia delle Entrate è rimasto down per parecchio tempo (a causa dei troppi accessi). E se avessi avuto bisogno di informazioni per pagare le tasse in quel momento ? Vergognoso.

Questo caso dei redditi pubblicati è proprio stupido, troppo stupido. Gestito da personaggi piccoli piccoli.

Unknown ha detto...

Sono daccordo con te che la modalità con cui è stata gestita la pubblicazione è stata fatta con superficialità e negligenza. Dal punto di vista di rapporti tra organismi e tecnici. Voluto? Non lo so. Ed è vero che ognuo deve prendersi le responsabilità legate la proprio ruolo.
Ma il punto è se potevano essere pubblicati quei dati e se fosse giusto farlo. E' parere di tutti tranne del Garante per la Privacy che interpreta modo suo incongruenze delle leggi, che quei dati potevano essere pubblicati. Ed è parere mio che sia giusto pubblicarli se questi sono dati pubblici (quantomeno dopo essersi loggati).

Massi ha detto...

Un secondo.

Il mezzo con cui li si pubblica fa grande differenza.

Un sistema di questo tipo ...
1) registrazione utente
2) sistema di logging
3) stampa pdf marchiato dal Ministero con i redditi richiesti

... avrebbe garantito tutte le condizioni di riservatezza ed accuratezza del dato.

Questo avrebbe indicato una conoscenza ed una coscienza di cosa voglia dire una Pubblica Amministrazione digitale.

E' ben altra cosa da quello che è accaduto.

Quando parli di negligenza di un viceministro e del direttore generale dell'Agenzia delle Entrate, mi corre un brivido lungo la schiena per le implicazioni che questo avrebbe sulla vita dello Stato. Preferisco pensare che l'abbiano fatto in maniera voluta per qualche fine politico.

Unknown ha detto...

Sull'autenticazione e la certificazione che si sarebbe dovuta essere sono daccordissimo con te. E' proprio la modalità che ha fallato in pieno.
Sulla volontarietà o meno, ti lascio nel dubbio e con i tuoi brividi dicendoti che di personaggi incompetenti in posti di potere politico e amministrativo ne conosco un po' e non è un caso che l'Italia annaspa.

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