Un po’ meno raffinati
Lo stile di vita cambia. Siamo sempre più sedentari, mangiamo cibi preparati con ingredienti lavorati, raffinati. Le fibre sono sempre più scarse nell’alimentazione e le conseguenze si vedono, perché sono un elemento essenziale nella salute e nel buon funzionamento dell’intestino.
Se cambia lo stile di vita, però, non può non modificarsi anche il modo di mangiare.
Ci sono componenti del menu che hanno buoni motivi per trovare spazio nel carrello della spesa, perché, in effetti, possono aiutare a ritrovare un equilibrio altrimenti ricercato, sempre più spesso, con integratori più o meno naturali, se non con farmaci.
La pasta integrale ha avuto molte evoluzioni negli ultimi decenni. Chi l’ha assaggiata ai tempi delle prime paste scure biologiche deve riprovare l’esperimento, perché oggi non è più “punitiva”, anzi, il gusto è davvero buono, grazie anche al fatto che è più saporita di quella bianca. Da alimento-medicina troppo fibroso si è trasformata, grazie a sperimentazioni e innovazioni, in un prodotto gradevole al gusto e alla masticazione. Un suo inserimento nel normale menu apporta sicuramente benefìci, essendo un alimento più vicino al chicco di frumento naturale di quanto non sia la pasta di semola raffinata.
Al supermercato sono disponibili due tipi diversi di pasta “scura”. La pasta “tipo integrale” è preparata con normale semola di grano duro raffinata, addizionata con crusca. Spesso alla semola vengono aggiunti ferro e vitamine.
Troviamo poi pasta preparata direttamente con sfarinati integrali di grano duro, cioè ricavati dalla semplice macinazione del chicco, senza aggiunte e senza aver tolto altro che la parte più grossolana e indigeribile delle fibre. Fino a qualche anno fa non poteva essere chiamata “pasta”, adesso la legge è cambiata e può essere normalmente definita “pasta integrale”. Risulta più o meno scura perché può essere privata della crusca in percentuale diversa.
La presenza degli strati più esterni del chicco di frumento rende la pasta integrale un alimento più completo rispetto a quella ottenuta dalla semola raffinata. Innanzitutto sono più rappresentate le fibre insolubili, utili per l’intestino. Mediamente, coprono il 6,4 per cento contro il 2,7 per cento della pasta bianca: più del doppio, quindi. Calcio e ferro, insieme a una lunga serie di minerali presenti in tracce, sono molto più abbondanti, anche se possono risultare non del tutto assimilabili a causa della presenza della fibra che tende a legarli a sé impedendone l’assorbimento. Sono invece significativamente più abbondanti le vitamine del gruppo B, che vengono normalmente disperse nella raffinazione, oltre a vitamina E e selenio (dal germe), importanti sostanze ad azione antiossidante.
La pasta preparata con sfarinati integrali contiene tutte le parti del chicco di frumento. Oltre al nucleo interno più ricco di amido e alla crusca, che apporta le fibre, è miscelato con il resto anche il germe, ricco di oli. Sono grassi estremamente salutari, ricchi di acidi grassi polinsaturi utili per le arterie e il cuore, ma c’è un problema. Sono proprio questi oli che, a contatto con sostanze presenti nella parte fibrosa del seme, con il passare dei mesi possono provocare un decadimento del prodotto, ossidandosi e dando un odore di rancido alla pasta. In effetti, i produttori di questo tipo di pasta integrale indicano un termine minimo di conservazione nell’ordine di due anni contro i tre-quattro della pasta bianca e “tipo integrale”. In ogni caso, conviene non farne grandi scorte e conservarla in un punto fresco della casa.
Altro elemento essenziale nella scelta della pasta integrale è la provenienza agricola della granella. Mentre la pasta “tipo integrale” è venduta sotto marchi tradizionali dell’industria alimentare, quella ottenuta dal chicco intero di frumento è, in genere, di produzione biologica. In effetti, quando si utilizza la parte più esterna del chicco dei cereali è necessario partire da materie prime sicuramente non trattate con pesticidi e conservanti, né durante la coltivazione del cereale né (e si tratta di sostanze ancora più rischiose) durante la conservazione della granella.
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