venerdì 20 febbraio 2009

Sviluppo scomposto del territorio

Continua a crescere il consumo di territorio in Lombardia, e a farne le spese è soprattutto la campagna. I numeri sulla crescita dell'urbanizzazione hanno dimensioni apocalittiche, se riferiti ad un periodo, i primi anni del millennio, in cui non vi è stata una corrispondente crescita demografica, né economica. Si è costruito tantissimo, senza produrre ricchezza e senza rispondere ai bisogni abitativi, semplicemente per mettere dei volumi dove il terreno costa meno: nella campagna.
Sergio Cannavò, del Centro Azione Giuridica di Legambiente Lombardia, afferma: "Quello della riduzione del consumo di suolo continuerà ad essere un percorso in salita, fino a quando dalle urbanizzazioni deriveranno le principali entrate per le casse comunali. Occorre aprire la discussione su una riforma fiscale orientata in senso ambientale, che richiede una profonda revisione di norme e principi".
Le speculazioni immobiliari e finanziarie sono state all'origine della crisi economica, non sarà il cemento facile a farci uscire da questo brutto momento: le risorse contro la recessione devono servire ad attivare cantieri di manutenzione e messa in sicurezza del territori, di ridisegno della città, di ristrutturazione dei patrimoni edilizi. Tante piccole opere necessarie, che già oggi assicurino occupazione di qualità e domani mettano il Paese nelle condizioni migliori per ripartire.
Scorrendo i dati del rapporto recentemente pubblicato da ERSAF (Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura), si scopre la dimensione allarmante del fenomeno del consumo di suolo. Nel 2007 ben 328.500 ettari di suolo lombardo risultano "urbanizzati", dunque interamente coperti da insediamenti e infrastrutture: una superficie che è pari alla somma delle intere province di Como, Varese e Lecco, e che rappresenta il 14% del territorio regionale, inclusi monti e laghi. Se si esclude la montagna, oltre un quinto dell'intera pianura lombarda non è più campi e boschi, ma parte di una città informe e sparpagliata: è il fenomeno dello sprawl, parola inglese che significa "sviluppo scomposto", entrata nel gergo urbanistico per indicare il modo in cui avviene lo sviluppo urbano nell'età dell'automobile di massa, da quando cioè è diventato possibile vivere e lavorare in luoghi diversi, separati anche molte decine di chilometri purchè collegati da un nastro d'asfalto. Uno stile di vita molto poco sostenibile, responsabile di gran parte delle emissioni di inquinanti e gas serra, che ha svuotato i centri storici delle nostre città, riempito di cemento e asfalto la nostra campagna, creato il gigantesco ingorgo di traffico in cui milioni di lombardi trascorrono molte ore delle loro giornate. Infatti, se i tre quarti dei suoli sono stati urbanizzati nell'area metropolitana che si estende da Varese ai sobborghi bresciani passando per Milano, colpisce il fatto che i territori che hanno visto la maggiore impennata di consumi di suolo sono quelli della pianura agricola più fertile, la provincia di Lodi in primo luogo, avvantaggiata dalla relativa comodità di collegamento con Milano, ma anche quelle di Brescia, Pavia e Mantova: le terre del riso e del Grana Padano, su cui incombono le minacce di nuove infrastrutture autostradali che non faranno che generare ulteriore spinta edificatoria, aggiungendo danno al danno.
Se i terreni agricoli sono quelli che vengono maggiormente erosi dall'urbanizzazione, a farne le spese sono anche le aree naturali e i boschi, specie in pianura. Infatti, se complessivamente le superfici boschive lombarde sono cresciute negli ultimi anni, soprattutto nell'Appennino Pavese a causa dell'abbandono e dello spopolamento del territorio, ancora oggi i boschi di pianura vengono distrutti per far posto a strade e capannoni, in particolare nel triangolo Varese (provincia che ha perso in sette anni oltre 800 ettari di bosco) - Como - Milano: si distruggono i boschi proprio dove ce ne sarebbe il maggior bisogno.


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Fonte: Legambiente

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