lunedì 30 marzo 2009

Piantagioni e foreste

La recente proposta da parte della Fao di sovvenzionare le piantagioni come motore di sviluppo ambientale, non è stata apprezzata dai popoli indigeni e dalle associazioni ambientaliste. L'impatto delle piantagioni a monocoltura su larga scala sull'ambiente e sulle comunità locali sono documentati da tempo. Tra essi il dissesto delle risorse idriche, il deterioramento dei corsi d'acqua, l'inquinamento delle falde acquifere e dell'atmosfera provocato da pesticidi e fertilizzanti, l'espulsione di intere comunità dalle proprio terre, la violazione di diritti umani, ambientali e sociali, soprattutto ai danni delle donne, l'impoverimento della diversità culturale, la diffusione della violenza, la perdita di biodiversità. Circa il 70% della biodiversità terrestre vive nelle foreste, che svolgono un ruolo essenziale nell'assicurare rifugio, protezione, risorse e valori spirituali a milioni di persone. La stessa Fao ammette che la distruzione delle foreste procede al ritmo allarmante di 13 milioni di ettari l'anno. Questo avviene anche a causa dell'espansione delle piantagioni. Le comunità di Malesia, Indonesia e Papua Nuova Guinea tentano invano di arrestare la progressiva espansione delle piantagioni di palma da olio e dell'acacia per la carta. In Nigeria, Camerun, Liberia, Swaziland e Sud Africa avanzano le piantagioni di gomma, legno da cellulosa e palma da olio. In Brasile, Argentina, Cile, Ecuador e Uruguay si espandono i deserti verdi di eucalipto e pino, mentre Colombia e Venezuela vede ancora l'espansione della palma da olio. La proposta di proteggere le foreste per stabilizzare il clima globale, affermatasi nell'ambito della convenzione di Kyoto, rischia di essere un boomerang, se dovesse includere tra le "foreste" sovvenzionabili anche le piantagioni.

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