Sciopero virtuale e ... democratico

Nessuno può contestare i disagi creati dagli scioperi a lavoratori non direttamente interessati dalle motivazioni degli stessi. Gli esempi più rappresentativi sono quelli in ambito trasporti pubblici locali e nazionali.
Le modialità con le quali il Governo sembra intenzionato ad intervenire per risolvere il problema sembrano, come per tanti altri recenti interventi, molto superficiali e pieni di ideologia.
Nulla ho da dire contro la possibilità aggiuntiva della formula dello sciopero virtuale. Si dovrebbe basare su un accordo preventivo tra sindacati e imprese del settore per garantire la continuità del servizio durante gli scioperi. I lavoratori rinuncerebbero ai loro stipendi (cosa che accade già) e l'azienda si impegnerebbe a pagare il doppio o il triplo degli stipendi stessi a un fondo cogestito per opere di pubblica utilità.
Perchè no, se si tratta di una forma aggiuntiva a quella tradizionale?
Criticabile è la novità di rendere obbligatorio, prima della proclamazione dello sciopero, un referendum consultivo fra i lavoratori a meno che l’iniziativa non parta da sindacati che abbiano oltre il 50 per cento di rappresentatività nel settore. Si sciopera se la maggioranza lo vuole. Democrazia?
Come si fa a stabilire se l’organizzazione che intende proclamare lo sciopero supera la soglia del 50 per cento di rappresentatività? Ad oggi non esiste una normativa per definire una volta per tutte forme e criteri oggettivi e riconosciuti di valutazione della rappresentatività dalle organizzazioni.
Obbligare a un referendum per gli scioperi suona molto democratico (se si risolvesse il problema dei conteggi), ma proprio poche settimane fa il Governo, Cisl, Uil e Ugl sono stati contrari all’ipotesi avanzata dalla Cgil di fare un referendum sul contratto del pubblico impiego.
Le consultazioni dei lavoratori si devono fare per gli scioperi e non per i contratti?