martedì 31 luglio 2007

Eros alla berlinese

E' mio parere che quello che è stato fatto in Germania, sia l'unica soluzione ad un problema che nel nostro Paese porta solo a reati più o meno gravi, ad una ipocrisia dilagante e a soluzioni che sono paragonabili al nascondere la polvere sotto il tappeto!

Fonte: L’Espresso

Per arrivare al più grande tempio dell'erotismo di Berlino basta aspettare il prossimo “doppeldecker”: uno di quegli autobus a due piani solitamente gialli-limone ma da qualche mese dipinti di rosa-confetto. Il colore giusto per la pubblicità dell'Artemis, la più grande casa di piacere della capitale (se non dell'intera Germania). “Siamo aperti per il vostro relax ogni giorno dalle 11 alle 5 del mattino”, informa a caratteri cubitali la pubblicità sugli autobus. Come se il locale fosse un normalissimo supermercato e ogni berlinese un suo affezionato cliente.

Un anno fa, quando il megatempio del sesso aprì i battenti per i Mondiali di calcio, si scatenò un putiferio sui media, con urla isteriche di politici. “Angela Merkel”, ingiunse Ségolène Royal dalle colonne de Le Monde, "chiudi quel barbaro bordello al centro d'Europa!". Fu una mezza gaffe, perché neanche una cancelleria tanto potente quanto la Merkel potrebbe di punto in bianco chiudere un locale della perdizione, visto che (al contrario di quanto accade in Francia, Italia o Svezia), in Germania la prostituzione è perfettamente legale. E le lucciole sono non solo organizzate in sindacati, ma versano anche i loro bravi contributi allo Stato. E poi i boss dell'Artemis rifiutano l'etichetta di semplice “bordello”: "Siamo un centro nudisti e di wellness", spiega impettita Vanessa Rahn aprendoci le porte in vetro del locale. “Ma soprattutto siamo un'azienda all'avanguardia per tutte le lavoratrici del sesso qui in Germania”, aggiunge.
Che la biondissima manager Vanessa non sia una sprovveduta lo dimostrano i seguenti dati: nei quattromila metri quadrati dell'Artemis sono stati investiti oltre 5,5 milioni di euro. E Vanessa, laureata in economia e commercio, comanda un organico (fra cameriere, vigilantes e tecnici) di ben 50 dipendenti. Senza contare ovviamente l'alveare di ragazze: minimo 60, massimo 100 “a seconda degli eventi della Fiera qui di fronte”, spiega lei.
L'accesso all'Artemis costa 70 euro, tranne per i pensionati a cui Vanessa offre di domenica e lunedì lo sconto del 50%. Somma con cui si ha diritto all'accappatoio (bianco), all'asciugamano (giallo) e a gironzolare (anche nudi) per piscina e sauna, bagno turco, solarium e palestre al pianterreno. La prestazione sessuale è esclusa. Il bello è che pure le ragazze pagano i loro 70 euro al giorno: non per l'asciugamano ma per l'affitto di una delle stanze (ce ne sono, arredate alla greca, romana o messicana, in tutto 50). “Ecco il vantaggio economico e politico della nostra azienda”, spiega orgogliosa Vanessa: “tolte dal Far west della strada, liberate dagli sfruttatori, qui da noi le prostitute si trasformano finalmente in imprenditrici autonome”, conclude.

Certo, un locale d'estremo lusso (o estremamente kitsch) come l'Artemis è un'eccezione anche in Germania. Ma la legge sulla prostituzione (entrata in vigore dal 1 gennaio 2002, quindi in era Schröder) consente a tutte le lucciole tedesche dei vantaggi e dei margini di libertà ignorati alle loro colleghe straniere. Anche per questo fra prostitute, hostess, massaggiatrici, call girl e call boy, in Germania si stimano siano oltre 400 mila i lavoratori del sesso sparsi in case private e bordelli, pornoshop e bar. Un esercito che “ogni giorno soddisfa le esigenze di oltre un milione e 200 mila clienti”, secondo i calcoli di Emilya Mitrovic, la sociologa amburghese che, per conto del sindacato del pubblico impiego ha pubblicato uno studio dal titolo “Posto di lavoro prostituzione”. “La prostituzione è un settore che fattura in Germania sui 14,5 miliardi di euro l'anno”, spiega la Mitrovic. Solo enormi catene di supermercati come Karstadt-Quelle o imprese di macchinari come la Man arrivano a tali cifre. “Più che doveroso quindi”, argomenta il sindacalista Andreas Sander “che anche le prostitute contino sugli stessi diritti di ogni altro lavoratore”. E’ la stessa opinione di Stefanie Klee, portavoce del Bsd, Associazione Nazionale Servizi sessuali, l'associazione in cui si sono federati i vari sindacati locali delle prostitute (con nomi come Hydra a Berlino, Cassandra a Norimberga o Madonna a Bochum). La prima cosa che ci dice Klee, anche lei prostituta occasionale, è che “da voi in Italia non batterei nemmeno per un'ora”: troppa la paura di finire nelle mani di qualche racket, di qualche cliente fuori di testa o in una retata delle forze dell'ordine: “Qui in Germania posso sempre dire ad ogni male intenzionato: se non la finisci chiamo la polizia!”. Tutta qui la sottile ma fondamentale differenza fra una lavoratrice del sesso in Germania e nel resto della UE: tre paragrafi di legge che autorizzano la mercenaria a denunciare chiunque non voglia pagare per la prestazione. “E’ questa semplicissima norma che di colpo ci ha creato un po' più di rispetto nella società ed ascolto fra politici”. Tanto che oggi, aggiunge Vanessa, la manager dell'Artemis, “non mi vergogno di dire in pubblico il lavoro che svolgo”.
Insomma in Germania la prostituzione è ormai una professione normale o quasi. E che, oltre ad appagare i clienti, porta sempre più soldi nelle casse dello Stato, grazie alle tasse pagate dalle ragazze. Quante? “A quelle che lavorano per conto proprio, dal primo aprile scorso chiediamo un forfait di 30 euro giornalieri”, dice Clemens Teschendorf, funzionario del ministero delle Finanze di Berlino retto dal socialdemocratico Peer Steinbrück. Il quale, sulla base di controlli della Corte dei Conti, ha deciso di passare a questa tassa forfettaria perché c'era troppa confusione sui redditi delle professioniste dell'eros, e quindi troppa evasione. Così da qualche settimana tutti i 400 bordelli più o meno ufficiali della capitale si sono riempiti di volantini stampati dal Finanz Amt, l'ufficio fiscale: si vede la Porta di Brandeburgo con una scritta fosforescente (“Love Love Love”) a cui seguono una serie di notizie per un corretto rapporto con l'amministrazione fiscale. Si ricorda a ogni professionista l'entità del nuovo importo forfetario, indipendente dal numero di clienti, ma si rende noto anche che talune spese (preservativi, visite mediche, trucchi o “indumenti speciali” come il tanga d'ordinanza) sono “detraibili dalle tasse perché necessarie alla professione”. “L'imposta forfait è il metodo migliore contro l'evasione”, dice il portavoce del fisco Teschendorf, “e per regolarizzare a tutti gli effetti le prostitute”. Ma 30 euro a molte ragazze sembrano troppi e per questo, almeno a Berlino, il sindacato e le associazioni delle prostitute vogliono ora “trattare per far scendere la tassa giornaliera a 20 euro al massimo”, dice Andreas Sander. Può anche darsi che la spuntino, visto che il mestiere del sesso in Germania è anche una questione politica e può spostare qualche centinaio di migliaia di voti.
Chi approfitta di prezzi così stracciati nella capitale del sesso? Soprattutto “frotte di turisti e di manager italiani”, risponde candida Vanessa dell'Artemis: “Sono i nostri clienti più attivi, simpatici e gentili”.

lunedì 30 luglio 2007

Sicurezza e lavoro

In seguito a una discussione su due articoli legati al lavoro, Welfare e precari, Prodi gela la sinistra e Colombo: "Altro che fatalità, l'ennesima tragedia sul lavoro", ho ricevuto una mail che desidero pubblicare.

Ciao,
di lavoro si muore e non si capisce perchè debba essere cosi.
Ho vissuto anni fa molto molto da vicino il rischio sul posto di lavoro.
Ho lavorato 2 anni nelle acciaierie falck e un paio di volte ho pensato che sono qui solo perchè non era il mio momento.
Ho anni di esperienza come RLS, con la gran fortuna di lavorare in un azienda commerciale, ma anni di partecipazione a un direttivo
FIOM CGIL mi hanno fatto ben capire i rischi del quotidiano.
Si muore per lavorare, un assurdo in questo nostro quotidiano.
I segnali della nostra civiltà da isola dei famosi, dei saranno famosi, dei Corona, il menefreghismo speculativo di chi ha in mano impresa e potere economico fa si che scatti un concetto della serie "tanto siamo in tanti al mondo", per una vita migliaia di ore, per il dolore è abbastanza un minuto.
Bisogna pensare a una sensibilizzazione sociale forte perchè chi lavora e chi tutela i lavoratori non va lasciato inerme.
Bisogna non cedere al ricatto di chi lesina sugli investimenti sulla sicurezza e poi va in giro in Ferrari.
Vedete qualcosa piano piano cambia, ci sono grandi aziende che stanno facendo "mercato" con le certificazioni legate alla sicurezza, ma sono poche.
Serve un azione sensibile e continua, servono normative che mettano in black list aziende che non dimostrino di fare tutto il possibile per incentivare la sicurezza negli impianti.
Non siamo più ai tempi delle miniere di zolfo del Sud, con i "carusi" che andavano dietro ai minatori, ma pare che qualcuno, tanti, non l'abbiano ancora compreso. Servono sopratutto piu controllori, competenti e piu potere sanzionatorio.
Ti ringrazio per aver aperto la discussione.

Maurizio Borghi

Dove vanno i media?

Fonte: PeaceLink

Apprendo che per la realizzazione della fiction per la TV dal titolo "Macelleria alla Diaz" con la regia di Soavi, il produttore Pietro Valsecchi parlerà nei prossimi giorni con il nuovo capo della polizia Manganelli. Ritengo questa un'ottima scelta, perfettamente in linea con quanto già ampliamente dimostrato in questi sei anni da parte dei principali media italiani: il silenzio-assenzo-consenso sulla più grande violazione dei diritti umani in un paese occidentale, dal dopoguerra. Ultimo fulgido esempio il film "il seme della follia" andato in onda venerdì 20 luglio 2007 su La7. L'unica trasmissione televisiva su Genova-G8 in onda sulla televisione italiana, in prima serata, a sei anni dal luglio del 2001, è stata un concentrato di false ricostruzioni, sul corteo del 20 luglio, su piazza Alimonda, sulla Diaz. Intendo sporgere querela ai realizzatori del filmato, in qualità di presidente del comitato verità e giustizia per Genova e in qualità di madre di Sara, vittima delle violenze delle forze di polizia alla Diaz, all'ospedale Galliera, a Bolzaneto, la cui testimonianza è stata "usata" insieme ad altre nel filmato, nella parte relativa alla Scuola Diaz. Sono state riportate le telefonate isteriche degli abitanti della zona e nemmeno una parola sulle false prove, le molotov, l'accoltellamento di un agente, gli arresti illegali dei manifestanti presenti alla Diaz. Nemmeno una parola sui funzionari imputati di gravissimi reati per la cosiddetta "perquisizione" che ha causato lesioni e ferite ad oltre 80 dei manifestanti presenti nella scuola. Perché realizzare una nuova fiction su Genova e perché invece non mandare in onda il film "Bella Ciao" realizzato per conto della RAI e mai trasmesso? Oppure uno dei tanti documentari, film, già realizzati e prodotti dai tanti registi italiani e stranieri? Perché invece di Manganelli il produttore ed il regista non hanno scelto di intervistare, le vittime della Diaz? Signori e signore, sta per andare in onda, l'ennesima verità su Genova, ovvero la solita, a cura dei capi della polizia Manganelli-De Gennaro con il consenso di tutti i partiti al governo ed all'opposizione. Come tutte le fictions riguardanti le forze di polizia pagheremo di tasca nostra un largo contributo all'ennesima finzione e, per concludere in tema: "E' la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Niente!". Humphrey Bogart, nei panni del giornalista Ed Hutchinson, nel film "L'ultima minaccia" (1952), diretto da Richard Brooks sul tema della libertà di stampa.

Enrica Bartesaghi

venerdì 27 luglio 2007

L'ICT in aiuto della spesa pubblica

Un nuovo sistema informatico razionalizzerà la spesa pubblica e ne semplificherà il monitoraggio e la gestione. Ragioneria Generale dello Stato (RGS) e CNPIA, Centro Nazionale per l'Informatica della PA, hanno elaborato, in collaborazione con CONSIP (l'ente che si occupa degli acquisti della PA), un nuovo sistema contabile, che consente l'automazione dei processi amministrativo-contabili di carattere economico e finanziario delle PA. Un processo che verrà avviato da settembre e dovrebbe completarsi a luglio del 2008. Il lavoro è stato svolto sia introducendo funzionalità nuove sia rinnovando il sistema informatico già esistente, il SICOGE, che supporta le amministrazioni centrali, periferiche e autonome nella gestione della contabilità finanziaria. I nuovi servizi e applicazioni saranno fruibili in modalità ASP (Application Service Provider), via web, in modo da alleggerire le amministrazioni dall'onere dei tempi della progettazione e dei costi di acquisto e installazione dei programmi. L'implementazione del nuovo sistema, realizzato sulla base del sistema pubblico di connettività, insieme all'uso della firma digitale, rientra nel processo di dematerializzazione della PA. In questo caso a essere demateriliazzati saranno gli atti di spesa. Sarà infatti attraverso questa piattaforma ICT che progressivamente verranno erogate le funzionalità di contabilità finanziaria ed economico-patrimoniale-analitica. Il sistema nasce dall'esigenza di unificare il back office, previsto già dalla Finanziaria del 2004. La modalità in ASP consentirà di gestire in maniera organica e centralizzata grandi flussi di dati riservati, senza necessità di creare centri periferici di competenza. La fruizione via web consentirà da una parte di mantenere l'autonomia e la flessibilità della gestione dei dati, dall'altra di monitorare costantemente i risultati raggiunti e l'allocazione efficiente ed efficace delle risorse. Il tutto garantendo protezione e riservatezza delle informazioni. Le amministrazioni avranno il vantaggio di accedere al sistema SICOGE, inserendo un identificativo, e scegliendo solo gli applicativi e i servizi utili all'attività dell'ufficio o dipartimento. CNPIA è incaricato di dare supporto tecnico e, laddove serva, anche finanziario a tutte le amministrazioni coinvolte. Un supporto tecnico che include le stesse istruzioni di implementazione e utilizzo della nuova piattaforma.

giovedì 26 luglio 2007

Aumentare le emissioni non fa aumentare il benessere

Il nuovo rapporto del NEF (New Economics Foundation) compara l'aumento delle emissioni alla percezione del benessere nei vari Paesi del mondo. In Europa ci sono persone che si sentono soddisfatte, felici e in salute vivendo in modo da consumare un solo pianeta, non sei. La politica non dovrebbe aver paura della decrescita economica, perché negli ultimi 40 anni di crescita economica la gente non ha guadagnato in felicità, anzi: la maggior parte degli europei si dichiara oggi meno felice di quanto non fosse negli anni '50, nonostante la ricchezza si sia triplicata e gli agi moderni diffusi. La politica dovrebbe puntare a far star bene la gente, non a far girare l'economia a vantaggio di pochi. Invece di limitarsi a considerare il PIL (Prodotto Interno Lordo) che misura i consumi di un Paese, il NEF preferisce usare un altro indicatore: l'HPI (Happy Planet Index). L'HPI considera l'efficienza della trasformazione delle risorse naturali in benessere considerando l'impronta ecologica, la soddisfazione personale e l'aspettativa di vita. I risultati della ricerca dicono che il Paese con il miglior rapporto tra emissioni e benessere (quello che converte le risorse naturali in felicità dei cittadini con la maggiore efficienza) è l'arcipelago di Vanuatu, nel Pacifico. Tra i Paesi europei è l'Islanda ad avere i risultati migliori (i colori chiari, in figura, indicano i risultati migliori). L'Italia si trova a metà classifica, al 14esimo posto su 30. In Lettonia, nonostante tutto, la gente sta meglio che da noi (la Lettonia è all'11 posto). Guidano la classifica Islanda, Svezia, Norvegia e Svizzera. Chiudono la classifica Grecia, Bulgaria, Lussemburgo ed Estonia. Dal 1961 ad oggi le emissioni pro capite sono aumentate del 70% in Europa, ma l'aspettativa di vita è aumentata del solo 8% e il benessere percepito non è aumentato in maniera significativa. Paesi con basse emissioni pro capite, in Europa, sono quelli che ottengono buona parte della loro energia da fonti rinnovabili (Svezia, Islanda, ...) o quelli con economie industriali ancora in fase di sviluppo (Romania, Lettonia, Bulgaria...), ma avere basse emissioni non basta ad essere felici, infatti il maggior benessere si registra nei Paesi Scandinavi o in Svizzera che investono molto nel sociale, mentre le nazioni dell'ex blocco sovietico se la passano molto male.

mercoledì 25 luglio 2007

Gestione partecipata delle acque

La gestione collettiva delle acque può essere un’attività sociale diffusa e divertente. In Svezia sono riusciti ad interessare la gente comune ai modelli idrogeologici, all'impatto delle attività antropiche sull'eutrofizzazione delle acque e alla necessità di prendere decisioni politiche basandosi su scenari climatici con vari gradi di incertezza. Il progetto, durato 3 anni e ancora in corso, è stato presentato da Berit Arheim allo IUGG come modello di partecipazione popolare diretta alla gestione di un bene pubblico. Le decisioni non sono state delegate ai politici e imposte dall'alto alla gente, ma sono state studiate, discusse e approvate dalla gente che doveva poi applicarle. Nel bacino idrografico sotto osservazione vivono 40 famiglie e operano 40 fattorie che hanno deciso di partecipare allo studio. La gente, insieme a scienziati, sociologi e rappresentanti delle istituzioni, ha definito i problemi da risolvere (eutrofizzazione), ha realizzato una campagna di misura, ha condiviso i dati raccolti, elaborato dei modelli, valutato la loro affidabilità, esaminato costi e benefici di varie possibilità e scelto quelle che meglio si adattavano al loro caso. Alla gente è stata riconosciuta la conoscenza del posto e questa sapienza locale è stata ascoltata dai “sapienti venuti da fuori”, ovvero gli scienziati del SMHI (Swedish Meteorological and Hydrological Institute). La cosa bella è che tutti si sono divertiti durante questo progetto. Si sono divertiti a prendere i campioni di acqua entrando nei torrenti con gli stivali ascellari, si sono divertiti a discutere insieme, hanno stretto amicizie. Senza questa gratificante componente sociale la partecipazione popolare si smorza e la gente perde la motivazione necessaria a sforzarsi di migliorare la propria condizione.

martedì 24 luglio 2007

Piccolo e riciclone

San Biagio di Callalta, comune trevigiano di 12.456 abitanti, è il Comune più riciclone d’Italia. Il riconoscimento è stato assegnato da Legambiente, alla presenza del ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. I Comuni più efficienti nel raccogliere e avviare al riciclo i rifiuti censiti da Legambiente, in collaborazione con CONAI, sono 1.127 in tutto il Paese. Di questi, 978 possono vantare una raccolta differenziata superiore al 50%. La vittoria di San Biagio di Callalta premia tutto il Veneto, presente nella classifica top ten di Legambiente con 9 comuni (di cui 8 nella sola provincia di Treviso). Per la prima volta è un comune sopra i 10mila abitanti ad aggiudicarsi il gradino più alto del podio. San Biagio di Callalta fa parte del Consorzio Intercomunale Priula dal 2002. L'introduzione del porta a porta proposto dal Consorzio, ha permesso al comune veneto di arrivare alla ambiziosa soglia dell'80% di raccolta differenziata partendo da un comunque molto alto 60%. “I comuni che sono ricicloni non hanno mai avuto problemi di emergenza rifiuti”, ha detto il ministro Pecoraro Scanio. “La raccolta differenziata rimane la priorità generale, come appunto hanno dimostrato anche molti comuni campani che fanno la raccolta differenziata e non hanno mai avuto problemi di emergenza rifiuti, anche nel periodo più critico”. Pecoraro ha aggiunto che c’è la necessità di costruire impianti di compostaggio, e che serve una nuova impiantistica moderna e avanzata. C'è un'Italia virtuosa, quasi sempre nel centro nord, in particolare in Veneto e in parte anche in Lombardia, con una raccolta differenziata del 50-60 per cento dei rifiuti. Poi c'è un'Italia che la raccolta o non la fa o la fa in misura molto marginale e, purtroppo, è un'Italia che si concentra nel Sud. Le grandi città con poche eccezioni come Torino, crescono poco in raccolta differenziata. Anche se Roma, ad esempio, quest'anno ha fatto qualche passo in avanti, pur restando al di sotto del 20 per cento. La situazione generale è molto a macchia di leopardo. Una città come Milano, che l'anno scorso ha fatto registrare risultati molto brillanti, da un po' di tempo con la raccolta differenziata è ferma al 30 per cento. Meno di quello che la legge prescrive si debba recuperare in ogni parte del Paese. Nella top ten di Legambiente ci sono dopo San Biagio di Callata: Ceggia (Ve), Giavera del Montello (Tv), Roncade (Tv), Preganziol (Tv), Castigliole d'Asti (At), Povegliano (TV), Carbonera (Tv), Breda di Piave (Tv), Sernaglia della Battaglia (Tv).

lunedì 23 luglio 2007

Verde o grigio?

Questo fine settimana sui due settimanali locali più diffusi di Garbagnate Milanese (MI), Settegiorni e il Notiziario, c’è la notizia del taglio di una siepe in luogo pubblico fatta eseguire dal neo Assessore Micalizzi. Contemporaneamente a Senago (MI) si parla del taglio di una decina di alberi di alto fusto con conseguenti proteste di un gruppo di cittadini al riguardo. Mi viene spontaneo notare come in entrambi i casi, gli interessati non si limitano a fornire un’unica motivazione, ma si sentono in dovere di fornire più motivazioni perchè evidentemente consapevoli che le singole motivazioni non sono sufficienti. A Senato le motivazioni sono la creazione di una pista ciclabile e uno spazio di attesa bus per scolari. A Garbagnate il taglio della siepe avviene per motivi di sicurezza stradale e perché richiesto dai residenti. A Garbagnate come a Senago, si nota la superficialità e la leggerezza con la quale si sceglie sempre la soluzione più facile alla soluzione dei problemi e come la soluzione più facile sia sempre quella di eliminare “l’ingombrante” verde pubblico. A Garbagnate, l’Assessore Micalizzi afferma: “ho constatato l’esistenza di una situazione di pericolo effettivo, perchè la siepe sorgeva all’angolo della via ed era d’ostacolo alla visibilità”. Ma quali conoscenze tecniche ha l’Assessore Micalizzi per prendere autonomamente una tale decisione? Qualunque oggetto posto agli angoli delle vie, secondo il criterio dell’Assessore, diventa un ostacolo alla visibilità, anche i muri delle case, perché allora non abbatterle o smussarne gli angoli? Ricordo all’Assessore che esiste il codice della strada che prevede come comportarsi in presenza di scarsa visibilità e che una siepe ai margini di una strada cittadina dove il limite di velocità è di 50 km/h, non costituisce pericolo. Si sarebbe potuto ovviare anche con l’istallazione di uno specchio se opportuno e con la manutenzione della siepe stessa. Inoltre, sperando che nessuno metta in dubbio il valore che hanno una folta siepe o alberi di alto fusto per la lotta all’inquinamento e quindi la tutela della salute pubblica, la motivazione del taglio dovuta a una richiesta di cittadini è grave in quanto questo vorrebbe dire che la richiesta di un piccolo gruppo di persone vale più del bene di tutta la collettività. Perchè con la stessa solerzia l'Assessore Micalizzi non provvede al taglio sul tutto il territorio garbagnatese dell'ambrosia e non si prodiga per fare applicare l'ordinanza ai privati? Stesso discorso vale a Senago, dove il Sindaco cerca di chiudere il discorso dicendo che non ci sono altre soluzioni e che comunque per sostituire gli alberi ne verranno piantati altri. E’ ora di finirla con le progettazioni superficiali che non tengono conto del salvabile e che reputano gli alberi di alto fusto sacrificabili, esistono sempre soluzioni alternative per quanto più difficili ed è ora di finirla col prendere in giro i cittadini, gli alberi ripiantati non sostituiscono mai quelli tagliati a meno che non abbiano la stessa età e dimensione, cosa che non accade mai per ovvi motivi di costo! Nei prossimi anni dovremo decidere se scegliere di vivere in cittadine di colore verde diffuso e non concentrato, misurato in qualità untile per la salute e non in semplici mq, o in cittadine di colore grigio asfalto e cemento.

venerdì 20 luglio 2007

Turismo responsabile, viaggiatori ecocompatibili si diventa!

E’ una delle prime fonti di inquinamento globale e grazie alla morte delle distanze, è destinata ad aumentare facendo collassare il nostro ecosistema. Si tratta del turismo. Oltre villaggi turistici e crociere si sta diffondendo tra i vacanzieri e i viaggiatori postmoderni anche una modalità “responsabile” di turismo oltre confine. I nuovi modelli di vacanze etiche privilegiano l’aspetto “morale” del viaggio destinando i proventi a progetti di utilità sociale ed ambientale. Uno degli obiettivi di questo tipo di turismo è quello di scoprire la cultura dei popoli e dei luoghi che si visitano, con l’impegno di contribuire concretamente al loro sviluppo sostenibile, a cominciare con un’equa remunerazione dei servizi locali. Le persone che si avvicinano a questa filosofia di viaggio scelgono sempre più spesso resort e alberghi ecocompatibili, costruiti con l’ausilio della bioarchitettura, che utilizzano fonti di energia rinnovabili. Sempre più numerose sono le proposte per chi vuole vivere questa esperienza all’estero. Per l’estate 2007 le destinazioni solidali più gettonate sono Repubblica Dominicana, Cuba e Messico per l'America Latina; per l’Africa Senegal, Mozambico e Marocco. “Viaggi solidali”, una cooperativa che opera da anni nel settore della solidarietà internazionale, propone percorsi turistici costruiti secondo i principi della Carta d’identità per i viaggi sostenibili di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile). Le tipologie di viaggio sono due: il “tour di conoscenza” (Cuba, Mozambico), pensato per chi desidera conoscere a fondo la destinazione prescelta a diretto contatto con la popolazione locale; e il “turismo comunitario”, in cui si affiancano momenti di relax a periodi in cui si contribuisce attivamente (generalmente con piccoli lavori o con l’acquisto di beni prodotti in loco) alle necessità della comunità ospitante. L’industria del turismo ha un impatto innegabile sui luoghi nei quali approda, con effetti economici dirompenti che però non sempre hanno una ricaduta positiva sulla popolazione e sull’ambiente locale. Come si può indurre l’industria in maggior espansione a livello internazionale a svilupparsi in modo da beneficiare le popolazioni locali senza sfruttare né loro né l’ambiente in cui vivono? A tal proposito Tourism Concern, associazione inglese che ha il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica proprio sul tema dello sfruttamento del turismo e sulle sue potenziali ricadute nefaste suggerisce 300 indirizzi sparsi nei cinque continenti dove un turista può recarsi essendo sicuro che i propri soldi vadano a finire nelle tasche delle persone direttamente coinvolte nella gestione di lodge, alberghetti e bed & breakfast e non nei conti miliardari di speculatori stranieri. Dal campeggio keniota al lodge all’interno di una piantagione di caffè in Guatemala, dalla pensione a conduzione familiare nel Kazakistan al rifugio aborigeno in Australia, ce n’è per tutti. Quasi sempre al semplice soggiorno si abbinano visite guidate, trekking, itinerari di ecoturismo. Già, il rispetto per l’ambiente è un aspetto molto importante per chiunque desideri viaggiare in maniera etica. La rete è, come sempre, una risorsa. Esistono siti come EcoTravel che propongono mete, suggeriscono percorsi e trovano il tour operator o l’agente di viaggio giusto per il tipo di vacanza (ecologica) che si desidera fare. E poi c’è Responsible Travel, un sito che raccoglie moltissime proposte di turismo responsabile sparpagliate su tutto il pianeta. Insomma, diventare viaggiatori responsabili è possibile. Tra i siti italiani cui dare un’occhiata vale la pena ricordare: • Associazione italiana turismo responsabileSguardi oltre il confineVitaViaggi e miraggi Se siete ancora disorientati, potrà forse chiarirvi le idee la carta d’identità del viaggio sostenibile, sottoscritta da numerose associazioni attive nel campo del turismo responsabile. Suggerisco anche un utile indirizzario proposto da Repubblica sulle associazioni di volontariatro coninvolte nel circuito di turismo responsabile. Buon viaggio e buone vacanze!

giovedì 19 luglio 2007

Caro Vianello, che passo falso

Mi manda Rai Tre, è una trasmissione utile, popolare e molto vista dai cittadini abituati purtroppo alle fregature, troppo frequenti nel nostro Paese. Una trasmissione in cui spesso vengono a galla e smascherate piccole e grandi bufale o esposti al pubblico, e quindi costretti a cambiare registro, personaggi e aziende che muovendosi a volte sul filo sottile che separa la legalità dalla truffa, beffano i poveri consumatori, spesso anziani soli e indifesi. Una redazione e un conduttore, Andrea Vianello, che affrontano le puntate in modo rigorosamente documentato ma che però il 6 aprile, durante la trasmissione in cui sono stati ospitati alcuni cittadini di Chivasso, che protestano contro la raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti avviata nel loro paese, ha commesso un clamoroso passo falso, un vero e proprio errore, dando spazio e ragione quasi esclusivamente alle urla dei cittadini, senza cercare di riportare la questione in un contesto più ampio e di spiegare soprattutto perché si fa e a cosa serve la raccolta differenziata. Addirittura a un certo punto Vianello ha esortato il pubblico a casa a fare attenzione, perché “un giorno il porta a porta potrebbe arrivare anche da voi”. Incredibile! Crediamo che la televisione pubblica su temi molto delicati, come è quello della gestione dei rifiuti, soprattutto in alcune zone del paese, debba essere più preparata. E’ come se Vianello avesse ospitato senza contraddittorio il libero sfogo di un comitato di cittadini multati giustamente per sosta vietata. La raccolta domiciliare dei rifiuti è oggi una scelta fatta da numerosissime città, dal nord al sud dell’Europa e anche in Italia, sia da amministrazioni di destra che di sinistra, in molti casi con grande soddisfazione da parte dei cittadini che a volte e giustamente, non sempre per la verità, si vedono ridurre anche il costo della tariffa dei rifiuti. La raccolta domiciliare è il modo migliore per intercettare grandi quantità di materiali con elevata qualità, che possono essere recuperati grazie al riciclaggio, evitando di utilizzare altra materia (e minore energia) per produrne di nuovi e soprattutto riducendo notevolmente la necessità di nuove discariche o impianti di incenerimento. Una pratica, quella della raccolta differenziata, sancita dall’Unione Europea e dalle leggi del nostro Paese. Separare direttamente in casa i rifiuti e gettarli nei cassonetti differenziati nel cortile o nei sacchi colorati può creare qualche fastidio all’inizio ma poi ci si abitua. Questo dice la grande maggioranza dei cittadini che la fanno, come rilevano anche diversi sondaggi, a parte ovviamente lo sparuto gruppo di cittadini di Chivasso. Che merita attenzione e un’analisi puntuale dei problemi che solleva da parte dell’amministrazione comunale. Ma questo è un altro discorso.

mercoledì 18 luglio 2007

Acqua gasata e refrigerata dal rubinetto pubblico

Un intervento che migliora l’offerta di acqua pubblica e che va nella direzione di riduzione dei rifiuti. In provincia di Milano si estende il servizio che oggi interessa Opera, Rozzano e San Giuliano Milanese. In questi comuni i cittadini possono approvvigionarsi di acqua potabile liscia, gasata, a temperatura ambiente oppure refrigerata, da fontane costruite appositamente e dislocate nei punti strategici delle città. Entro settembre altri sei comuni della provincia, San Donato Milanese, Buccinasco, Pieve Emanuele, Cesano Boscone, Trezzano sul Naviglio e Vizzolo Predabissi si doteranno dello stesso sistema. L’iniziativa è sostenuta dalla Provincia. “Dalle fontane si può prendere anche l'acqua addizionata di anidride carbonica”, ha spiegato l'assessore all'ambiente Bruna Brambilla. “E' un modo per risparmiare sui costi: un litro di minerale costa mille volte di più rispetto a un litro d'acqua del rubinetto. Inoltre si diminuisce la quantità di rifiuti”. In tre anni dovrebbero essere coperti altri 24 comuni della provincia sud di Milano. “Abbiamo investito 800mila euro per fornire questo servizio a 500mila abitanti”, aggiunge il presidente della Tasm, società partecipata della Provincia che realizzerà le prossime sei fontane. “E se Milano volesse, lo stesso progetto si potrebbe fare anche in città, e al Comune costerebbe solo qualche migliaio di euro”, conclude Brambilla. “C'è bisogno di far crescere la consapevolezza su un bene primario e universale di cui nessuno ha l'esclusiva, e che deve rimanere in mano pubblica”, dice ancora l’assessore. Nel 2004 Legambiente attraverso il Premio all'Innovazione Amica dell'Ambiente aveva già premiato il Consorzio Acque Potabili per il progetto “Acqua di casa mia... frizzante patrimonio Comune!” con il quale degli erogatori d'acqua (anche addizionata di CO2) a tecnologia avanzata venivano proposti in comodato d'uso alle famiglie per l'installazione sul rubinetto di casa.

martedì 17 luglio 2007

Unione e responsabilità: l'importante è il Governo

Come tanti elettori del centrosinistra, leggiamo con grande preoccupazione le polemiche interne all'Unione lombarda apparse in queste ore sui principali organi di stampa. Polemiche dure e generalmente sopra le righe che spostano l'attenzione dalla cosa più importante: il sostegno al Governo Prodi, un esecutivo che tra grandi difficoltà (determinate soprattutto dalla esigua maggioranza al Senato) sta avviando un percorso di riforme che riguardano direttamente il Nord del Paese, a cominciare proprio dalle infrastrutture e dal federalismo, dopo i cinque anni letteralmente buttati via da Berlusconi e dalla Cdl. Ci sorprende la facilità con cui da più parti si sente parlare di alleanze variabili, diverse da quella che sostiene il governo nazionale, senza per altro che venga mai indicato a quale variabilità si intenda far riferimento. Di variabile, queste ipotetiche alleanze, hanno solo la caratteristica di cambiare a seconda di chi le propone e dal giorno in cui vengono avanzate. Ancor più pericoloso ci sembra procedere, in questa fase politica, ad un regolamento di conti interno alle forze di centrosinistra: lo capiscono gli elettori (e lo capirebbero anche i bambini) che in questo momento ci vogliono responsabilità e unità, per sostenere il Governo e per costruire un'alternativa vera al formigonismo ormai declinante, nell'autonomia delle forze politiche che partecipano alla coalizione, ma nel senso di responsabilità che le unisce, in ragione di una sfida politica di grande significato per il Paese e per i nostri concittadini.
Carlo Monguzzi e Giuseppe Civati consiglieri regionali Verdi e DS

Lettera aperta di Monguzzi ai capigruppo di Ulivo, Prc e Pdci
Che l'Unione sia utile e viva lo testimoniano le speranze e le richieste di centinaia di migliaia di elettori lombardi. Non sarà certo la presa di posizione istituzionale di alcuni rappresentanti che potrà mettere in discussione un progetto indispensabile al governo del Paese, che è quello che abbiamo sottoscritto tutti insieme. E ' proprio il governo del Paese che è la sfida più alta a cui ci hanno chiamato i nostri elettori. E' lì che dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi. Dobbiamo risolvere i problemi dei cittadini, a partire proprio dalle fasce più deboli che sono quelle che ci stanno più a cuore. La scommessa, sicuramente importante e nobile, della costruzione del Partito Democratico e della Sinistra Unita devono essere ultra secondarie rispetto all'obiettivo principale che è quello di cambiare questo Paese, avendo la possibilità di governarlo. Ancora più ridicolo e grottesco è difendere ora visibilità politiche o rendite di posizione di singoli partiti: i cittadini hanno affidato all'Unione una sfida alta, cerchiamo di interpretarla e di essere degni. La realizzazione del federalismo è parte di questa sfida, è una riforma istituzionale giusta e anche inevitabile se vogliamo tenere unito questo Paese: e le riforme istituzionali si fanno indipendentemente da chi poi le gestisce, anche se si tratta di questo inaffidabile centrodestra lombardo. La Costituzione italiana va difesa e rispettata anche se al governo ci fosse Berlusconi o Formigoni. Certo i problemi ci sono, abbiamo diversità di vedute e di realizzazioni programmatiche su alcune cose, ma abbiamo il sacrosanto dovere di rispettare il programma e il mandato elettorale che ci è stato affidato un anno fa e che ci ha fatto vincere, anche se di poco, le elezioni. E' su questo programma che possiamo e dobbiamo muoverci . Altre cose, altre alleanze non solo sarebbero sbagliate, ma non sarebbero comprese proprio da nessuno. Smettiamo quindi di guardare il dito che la luna è così chiara e vicina.
Carlo Monguzzi - Capogruppo dei Verdi Consiglio regionale della Lombardia

lunedì 16 luglio 2007

Il colorante E128 è cangerogeno

Chissà quanto ne abbiamo mangiato. O meglio: chissà quanto ne hanno mangiato gli affezionati della carne industriale sotto forma di salsicce e hamburger. Sta di fatto che il colorante rosso E128 è stato bollato come cancerogeno dall’Efsa, l’autorità dell’Unione Europea per la sicurezza alimentare. L’E128 è solo il primo dei coloranti su cui si è appuntata l’attenzione dell’Efsa, intenzionata a riesaminarli tutti dal momento che furono permessi sulla base di studi effettuati anche trent’anni fa. L’E128 è consentito, nella misura di 20 milligrammi al chilo, appunto in salsicce e hamburger che contengono rispettivamente il 6 e il 4% di cereali. L’Efsa ha appurato che, una volta ingerito, si trasforma in anilina, e l’anilina è cancerogena negli animali: non è possibile, aggiunge l’Efsa, stabilire una dose massima sicura per la salute. Traduzione: è pericoloso anche in quantità minime. Però è curioso: il comunicato stampa dell’Efsa non fa cenno alla necessità di ritirare dal mercato tutto ciò che lo contiene.

venerdì 13 luglio 2007

La PA compra sempre più online

Computer e dispositivi elettronici destinati a finire in uffici e locali della pubblica amministrazione (PA) vengono comprati online sempre di più: si chiama e-procurement e la legge lo impone alla PA quando si tratta di importi di "modesta entità". Ed ora la Consip, la società che gestisce gli acquisti online per conto della PA italiana, fa sapere che in effetti la legge qualche risultato lo sta producendo. Non si parla di poco: nel 2006 il volume delle transazioni, 11.468 in tutto, hanno comportato una spesa di 38 milioni di euro, con un aumento di quasi il 25 per cento rispetto all'anno precedente. In quello che viene definito Mepa (Mercato elettronico della pubblica amministrazione), spiega Consip, sono stati acquisiti 226.748 prodotti suddivisi in 16 diverse categorie merceologiche. A fornire questi dispositivi e accessori sono state nel complesso 868 produttori. Ma non sono tutti qui i numeri di interesse: le divisioni della PA che hanno fatto ricorso all'e-procurement per almeno un acquisto sfiorano quota 1.300 mentre nel complesso sono 3.862 quelle che optano per passare da Consip. Si poteva fare di più? Sì. Basti pensare che le cifre di "modesta entità" di cui si parlava sono tarate sulle medie imposte a livello comunitario, vale a dire che attraverso Consip devono passare tutti gli acquisti fino ai 137.000 euro per le amministrazioni centrali e fino ai 211.000 per le altre amministrazioni. L'informatizzazione degli uffici e il piano d'arrembaggio all'arretratezza della PA italiana potrebbero far sperare in numeri Consip più elevati. Il dato positivo è che comunque la spesa, come detto, è in aumento. L'elemento più positivo, però, è quello del risparmio per l'Erario dovuto al ricorso allo strumento telematico. Si parla nel complesso di una riduzione media dei prezzi a listino dell'8% nonché di uno snellimento delle procedure di acquisto, che liberano personale per tutte le procedure. C'è da chiedersi cosa accadrebbe se l'e-procurement divenisse obbligatorio anche per università, scuole ed altre strutture educative, che oggi sono escluse dall'obbligo, nonché per acquisti di importi maggiori.

giovedì 12 luglio 2007

Meglio il rubinetto

L’acqua? Meglio quella del rubinetto. Le bottiglie di plastica inquinano. Dopo il milione di alberi annunciati per rinverdire New York, altra uscita ecologista del sindaco Michael Bloomberg. “Dimenticatevi la minerale e bevete l'acqua che sgorga direttamente in casa vostra”. Il tutto mentre a Roma il Forum italiano dei movimenti per l'acqua ha consegnato al Parlamento una raccolta di firme, in tutto più di 400 mila, per chiedere una legge che tuteli come patrimonio pubblico l’oro blu. Il primo cittadino di New York fa sul serio, come riportano i quotidiani italiani. L’acqua del rubinetto è sicura, gradevole, pulita, costa meno di quella imbottigliata, è più pratica. E soprattutto: permette di risparmiare e ridurre la produzione di montagne di vetro e di plastica. C’è già uno slogan, “Prova l'acqua del rubinetto”, che è diventato una campagna pubblicitaria per convincere i newyorkesi a bere in modo responsabile. Da tempo sui tavoli dei ristoranti della salutista California le brocche di acqua nostrana hanno preso il posto delle bottigliette di minerale. E anche a New York i primi a rispondere alla svolta ecologista sono stati alcuni ristoratori che hanno deciso di servire solo acqua del rubinetto. A puntare il dito contro gli svantaggi del mineral water style sono gli ambientalisti statunitensi e non: quattro bottiglie di acqua minerale su cinque finiscono in discarica; il processo di produzione contribuisce al surriscaldamento globale. Per non parlare del trasporto, anch’esso inquinante. Finché l'invito a bere acqua del rubinetto era solo una faccenda ecologista era una cosa, ma adesso che l'appello arriva dal governo della città delle città insorgono le aziende dell'acqua minerale, rileva il Corriere della Sera. “Non è corretto puntare il dito contro un'industria che si sta impegnando a promuovere il riciclo dei rifiuti e l'introduzione di involucri biodegradabili”. Le caraffe di vetro sui tavoli dei ristoranti però si moltiplicano, e la campagna pubblicitaria va avanti. Anche in Italia si diffonde il no alla bottiglietta. La Provincia di Milano sta addirittura allestendo dei punti di distribuzione con acqua liscia, gasata, a temperatura ambiente e più fresca. I comuni interessati sono al momento Opera, San Giuliano, Rozzano. E poi Roma, Firenze, Milano. C'è chi ha dotato la propria acqua del marchio doc e chi ha deciso di dare l'esempio sostituendo i distributori di minerale con bidoni di acqua dell’acquedotto. Di campagne pubblicitarie per promuovere l'acqua di rubinetto a Roma ce n'è stata più di una. L'ultima la scorsa primavera quando Roma è stata dotata di una sorta di carta di identità. Allora, ricorda ancora il Corriere, il sindaco Veltroni aveva sottolineato come la certificazione fosse il risultato degli oltre 250 mila campioni l'anno analizzati (il doppio di quelli previsti per legge). “L'acqua di Roma arriva dalle sorgenti appenniniche. Il nostro compito è quello di mantenere la sua qualità fino al rubinetto”. Da tre anni nelle scuole di Firenze le brocche di vetro hanno preso il posto delle bottiglie di minerale. Stessa cosa in Consiglio comunale e negli uffici pubblici dove i distributori di bottigliette griffate sono stati sostituiti da bidoni di acqua di Firenze. Anche nelle mense scolastiche di Milano si beve solo acqua del rubinetto (in passato, qualcuno aveva proposto anche di imbottigliarla). Ma sui tavoli del Consiglio comunale ci sono ancora bottiglie di minerale.

mercoledì 11 luglio 2007

Taiwan scommette su LED e OLED

Taiwan si candida a diventare il faro mondiale delle tecnologie LED. Grazie ad un investimento equivalente a circa 6 milioni di euro, promessi dal Ministero degli Affari economici (MOEA), nei prossimi tre anni in tutte le città del paese le lampade dei semafori verranno sostituite con LED di ultima generazione. Inoltre, come riporta DigiTimes, Central News Agency (CNA) parla di un ulteriore progetto di investimento, di circa 3,2 milioni di euro, per aggiornare anche i vecchi lampioni. Il motivo è ovvio: le soluzioni LED possono tagliare sensibilmente i consumi energetici. Il Ministero dell'Energia taiwanese, infatti, ha stimato che la sola sostituzione dei semafori permetterebbe di risparmiare l'85 per cento sull'attuale bolletta semaforica. La conversione dalla tecnologia a incandescenza a quella a LED ha certamente dei costi non indifferenti, ma tutti gli analisti confermano che il recupero dell'investimento è praticamente immediato. Le unità LED, infatti, consumano meno e durano più a lungo. Anche in Italia capita ormai sempre più spesso di imbattersi in semafori LED, caratterizzati da una maggiore visibilità e da una cromia quasi “digitale”. Le novità taiwanesi, comunque, si spingono oltre i confini stradali e sono pronte a sbarcare nei salotti. Se da una parte durante l'ultimo Taiwan Display 2007 non è mancato qualche esempio di televisore LCD con retro-illuminazione a LED, è certamente l'OLED, in questo segmento, la nuova tecnologia di frontiera. A parità di diagonale, un televisore OLED è in grado di consumare circa il 40% in meno rispetto ad un LCD. Senza contare anche i minori ingombri: lo spessore infatti scende del 50%. Al momento gli OLED vengono impiegati sempre più spesso sui portable player, sulle camere digitali e sui cellulari. Samsung, ad esempio, ha già accelerato i suoi processi produttivi per soddisfare la futura domanda. iSupply ha stimato, infatti, che entro il 2012 le vendite raggiungeranno quota 24 miliardi di dollari. Un risultato notevole se si considera che nel 2007 difficilmente saranno superati i 7 miliardi di dollari. “Il prezzo di un display OLED è di 1,7 /1,8 volte superiore rispetto ad un LCD e non sarà competitivo fino a quando le cose non cambieranno”, ha dichiarato a Reuters Peter Chen, presidente di CMEL, azienda taiwanese leader nella produzione OLED.

martedì 10 luglio 2007

Effetti collaterali

La maggiore domanda mondiale di biocarburanti potrebbe spingere al rialzo i prezzi di cereali, canna da zucchero, semi oleosi e oli vegetali. E’ quanto sostiene il rapporto congiunto di OCSE e FAO. I cambiamenti in atto nei mercati, rilevano le organizzazioni, “potrebbero mantenere relativamente alti, per tutto il prossimo decennio, i prezzi nominali di molti prodotti”, che, per “fattori transitori” come la siccità o la carenza di scorte, hanno già fatto registrare forti aumenti. Ma per l’aumento dei prezzi, si sottolinea, “il fattore più importante è l'impiego crescente di cereali, di canna da zucchero, di semi oleosi e di oli vegetali per la produzione di sostituti dei combustibili fossili, etanolo e biodiesel”. Questo provoca anche un aumento dei prezzi dei prodotti animali a causa dei costi più alti del foraggio animale. Questo, fa notare ancora il rapporto, potrebbe rappresentare un problema per i Paesi importatori netti di prodotti alimentari e per i poveri delle fasce urbane, oltre a tradursi in costi extra e redditi più bassi per gli agricoltori. Dalle due organizzazioni arriva quindi un’autorevole conferma dei possibili rischi legati alla produzione di biodiesel su larga scala in un mercato globalizzato, come è quello dei cereali e degli oli vegetali, e per di più distante e non tarato rispetto alle esigenze di biocarburanti dei luoghi di produzione e consumo. Dubbi già sollevati da organizzazioni ambientaliste e agricole e da personalità come Fidel Castro, il leader cubano che sull’argomento ha lanciato l’allarme in difesa dei paesi poveri. Secondo il rapporto, la produzione statunitense di etanolo da mais raddoppierà tra il 2006 e il 2016, mentre nell'Unione Europea l'ammontare di semi oleosi (soprattutto colza) passerà nello stesso periodo da 10 milioni di tonnellate a 21 milioni.

lunedì 9 luglio 2007

Al gusto di …

Una recente Legge Comunitaria dà il via libera alla produzione di bevande sostituendo la frutta e il succo naturale con aromi, coloranti e zuccheri. La decisione che ovviamente non ha mancato di sollevare numerose e accese polemiche, va, di fatto, ad abrogare la precedente normativa di riferimento (Legge n. 286, 1061) in cui era stabilito che le bevande non potessero essere di agrumi o paste aromatizzanti inferiore al 12%. Le bibite potranno quindi riportare la dicitura “al gusto di …”, “al sapore di …” e rappresentare in etichetta immagini e foto suggestive della frutta anche quando questa non è presente. Da quanto detto, è evidente che questa decisione rappresenta l’ennesima nuova trappola alimentare per la nostra salute in particolare per quella dei più giovani. Inoltre, queste bevande saranno un ulteriore contributo all’obesità e al diabete, problemi già seri nella nostra popolazione che colpiscono con sempre maggiore gravità. Il primo suggerimento che mi permetto di dare è quindi di prestare molta attenzione a quanto riportato in etichetta, alle percentuali di frutta contenute, evitando possibilmente questo tipo di bevande e di orientarsi invece verso prodotti più genuini come le bibite ottenute da succhi di frutta biologici ed estratti naturali ed addolcite solo con zucchero di canna, bevande a base di frutta e bevande alternative vegetali. Si avrà modo di scoprire che la salute può avere un gusto dissetante e soprattutto sano.

venerdì 6 luglio 2007

Pannolini

I pannolini usa e getta tradizionali rappresentano una fonte d’inquinamento ambientale spesso sottovalutato che invece dovrebbe essere presa in seria considerazione. Basti pensare che i pannolini sono rifiuti tra i più difficili da smaltire non essendo riciclabili e che la loro completa decomposizione richiederebbe addirittura più di 500 anni! E’ stato calcolato che ogni bambino con una media di 5 cambi al giorno, arrivi a consumare nei primi tre anni di vita oltre 5.500 pannolini producendo cosi oltre 1,5 tonnellate di rifiuti altamente inquinanti. Una mole immensa di rifiuti … A tal riguardo, secondo i dati dell’Agenzia nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA), solo in Italia si gettano nella spazzatura ben 6 milioni di pannolini che corrispondono al 3% dell’intera quota di rifiuti solidi urbani prodotti. Oltre ai problemi ambientali, i normali pannolini usa e getta sono sul banco degli imputati anche peri rischi che possono rappresentare per la salute del bambino che è a contatto con il pannolino per 24 ore al giorno per quasi 36 mesi. Per garantire l’assoluta impermeabilità ed evitare fuoriuscite infatti, vengono adottati materiali sintetici (polipropilene) che a causa del loro surriscaldamento provocano la sudorazione della pelle e conseguenti possibili irritazioni, allergie e, nei casi più seri, gravi dermatiti e persino disturbi legati alla fertilità. Per cercare di ovviare a questi problemi si è pensato di introdurre delle creme e dei gel (altre sostanze chimiche) per tenere più fresche le pelli dei bimbi. Ebbene, qualche anno fa un’indagine condotta da Greenpeace denunciò la presenza di una sostanza estremamente tossica ed inquinante (Tributilstagno) impiegata con funzioni biocidi e in grado di eliminare gli odori. Oggi, grazie alle nuove tecnologie è possibile risolvere questi problemi con efficacia e sicurezza, realizzando pannolini di nuova concezione che oltre a garantire capacità di assorbimento, vengono prodotti con materiali tutti di provenienza vegetale biodegradabili. I materiali utilizzati infatti, sono derivati dagli amidi vegetali, dal cotone e dalla cellulosa, garantiscono anallergicità, comodità, massima resistenza e traspirazione,. Oltre a quelli usa e getta ecologici, ora sono disponibili anche i pannolini lavabili riutilizzabili. Già molto diffusi in Germania, Austria, e Svizzera, i pannolini lavabili vengono prodotti con materiali garantiti per resistere a circa 330 lavaggi; assicurano assoluta pulizia e massima igiene in quanto al momento del cambio si stacca il velo interno e si getta direttamente nel wc e non più nella pattumiera, le mutandine invece sono realizzate con materiali traspiranti e al contempo idrorepellenti. I pannolini ecologici lavabili rappresentano un notevole salto di qualità che può portare significativi vantaggi in termini di utilizzo delle risorse, di rispetto ambientale e di risparmio per le famiglie. Ma per la loro diffusione, è importante che vi sia una ritrovata sensibilità ambientale verso i consumi non solo dei cittadini, ma anche delle istituzioni. Come ad esempio ha fatto recentemente il comune di Acquanegra sul Chiese in provincia di Cremona, che ha offerto un contributo del 50% alle famiglie che fanno uso di pannolini ecologici.

giovedì 5 luglio 2007

Rifiuti

Il Commissario Europeo all'Ambiente Stavros Dimas è rimasto scioccato dalle immagini dei cumuli di rifiuti che vengono dalla Campania ed ha inviato ieri una lettera di messa in mora all'Italia, dove si chiede al governo quali provvedimenti siano stati presi per proteggere la salute e l'ambiente campani. Per rispondere, l'Italia avrà un solo mese, anziché i due di prassi. L'accusa è generalizzata: non riguarda una singola discarica, ma l'intero sistema campano di gestione dei rifiuti. La direttiva quadro sui rifiuti (la 12/2006) impone infatti che gli Stati membri dell'Unione prendano tutte le misure necessarie ad impedire l'abbandono o lo smaltimento incontrollato dei rifiuti. Che misure ha preso l'Italia? Come conta di risolvere celermente le ovvie carenze ambientali e sanitarie della Campania? La Commissione chiede anche conto del famoso decreto con cui il governo ha scelto quattro siti provinciali per piazzare nuove discariche in Campania: la domanda qui è se le nuove discariche rappresentano una soluzione di lungo periodo o l'ennesimo palliativo. Se le risposte non saranno soddisfacenti e se non si intravedranno soluzioni celeri, l'Italia si ritroverà, tanto per cambiare, sul banco degli imputati della Corte di giustizia della Comunità Europea. Insomma, siamo a livelli di degrado talmente macroscopici da suscitare meraviglia in Europa, e tutto questo mentre le inchieste sulla gestione dei rifiuti in Campania arrivano ad una svolta e puntano il dito contro Bassolino e Impregilo. In riferimento a quanto sopra scopro che il Governo ha intenzione di rinviare ancora la data di entrata in vigore della raccolta differenziata dei RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) il cui decreto avrebbe dovuto essere pronto entro il 30 giugno. Si parla di un rinvio a dopo l'estate, ma la Comunità Europea aveva chiesto che la raccolta venisse iniziata nell'agosto 2005 (due anni fa). L'ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha formalmente protestato perché da due anni i comuni (i cittadini dico io) sostengono tutte le spese di raccolta e smaltimento che dovrebbero essere a carico anche dei produttori, secondo il principio del "chi inquina paga". ANCI ha calcolato che raccogliere, trasportare e smaltire 107 mila tonnellate di RAEE costi ogni anno circa 77 milioni di euro.

mercoledì 4 luglio 2007

Verdi e Partito democratico

Vorrei esprimere qui il mio pensiero su quello che dovrebbe essere il futuro prossimo dei Verdi nel nuovo contesto politico nazionale che si delinea soprattutto a sinistra con la nascita del Pd (Partito Democratico). Partirei con il mio giudizio sui congressi di Ds e Margherita che è deludente. Sono stati cancellati dall'agenda temi fondamentali come l'ambiente, nuovi diritti, laicità, pace, la politica internazionale. Mi aspettavo un po' di innovazione in più, invece non sono certo venute idee che parlano al cuore. Soprattutto nell'intervento di Franco Marini il Pd è sembrato diventare una sorta di “nuova Dc”, con il ritorno alla vecchia politica: da un lato il centro, dall'altro i progressisti. Infatti ha già convinto Follini e tende la mano all’UDC. Mi sembra un progetto opposto a quello di Prodi e Parisi e quanto di più lontano esista dall'Unione, che ha cercato un programma comune prima del voto e ha scelto il bipolarismo. Fino ad oggi il Pd è stato destabilizzante. Il crollo del centrosinistra nei sondaggi e alle amministrative è dovuto soprattutto al tracollo di credibilità dell'Ulivo, che via via si è proposto non come una scelta unitaria che rafforzava il Governo ma come una sommatoria di classi dirigenti e di “fasi” successive. E' sicuramente un passo avanti che Veltroni parli a nome del Pd di ambiente, cambiamento climatico, di energia solare e di idrogeno invece che di carbone, nucleare e inceneritori. Bisogna fare in modo che questi diventino progetti importanti e per i Verdi sarà un alleato prezioso, ma sino ad oggi il Pd ha proposto il carbone. Un ambientalismo del sì non si coniuga con chi sostiene il carbone e nel Pd è stata seguita una linea sviluppista troppo accondiscendente a quelle realtà industriali che non hanno avuto la capacità di innovarsi. Mi auguro che la discesa in campo di Veltroni possa portare maggiore collegialità e coesione e che il Pd non prenda decisioni in modo unilaterale, che fino ad oggi hanno aumentato la fibrillazione e la debolezza del governo e della maggioranza. Al congresso di novembre dei Verdi c'è stata una mozione in parte ispirata verso il Pd e non ha superato il 4% dei voti. Del resto gli ambientalisti che giudicavano il progetto democratico interessante hanno già scelto negli anni scorsi o i Ds o la Margherita. Purtroppo però l'esperienza di Legambiente e della Sinistra ecologista dimostra che quelle scelte, pur rispettabili e con cui si deve continuare a collaborare, non hanno inciso e sono fallite. Nel Pd potranno certo esserci figure ecologiste ma l'ambientalismo non è la cifra del partito che verrà. Basti pensare che pur rivendicando un rapporto con i democratici americani i congressi non hanno fatto nessun riferimento a una personalità come Al Gore. Da tempo la sinistra italiana ha motivi di lavoro in comune molto solidi. Noi dovremo stare dentro un “cantiere progressista”. L'unica mia pregiudiziale è che non possiamo aderire alla ricostruzione del Pci né rinchiuderci nel recinto della cosiddetta sinistra radicale. Primo perché è un termine che non ci appartiene come sinistra ambientalista. Secondo perché suggerisce una marginalità tutta da respingere. Dunque andare avanti fuori dal Pd lavorando su due versanti. Da un lato un grande Patto per il Clima che allarghi il raggio d'azione del soggetto ecologista come fatto di recente a Genova. Non siamo un'identità fittizia o messa in crisi dal XXI secolo, siamo parte di un dibattito mondiale. Leggi il mio articolo in proposito. Dall'altro essere favorevoli a costruire da subito una “area comune” sui contenuti e a lavorare in prospettiva a un'alleanza progressista, laica e ambientalista. Non legarsi alle esperienze territoriali ed elettorali: si vedrà caso per caso più avanti dove c'è la necessità di alleanze diverse. Lavorare insieme a quella che oggi deve essere un'alleanza e non certo un partito unico. Ma come costruire questa area? Allargando la discussione. Non possono parlarne solo Pecoraro Scanio, Giordano, Diliberto e Mussi. Evitiamo di ripetere ciò che è avvenuto nel Pd. Oltre ai partiti, i Verdi devono discutere con le associazioni, le nuove professioni, la nuova imprenditorialità. Parliamo più alla società che ai ceti politici. Per noi è centrale il tema del cambiamento climatico e della svolta ecologica nell'economia e nella società. I Verdi europei, la Sinistra europea e il Pse sono tre aree progressiste che devono lavorare insieme. Non è vero che per conquistare il centro devi spostarti sempre più a destra. Nel momento in cui il Pd si muove al centro c'è un'area progressista che è più o meno il 20% del Paese. E' un'area che deve provare a essere maggioritaria nel centrosinistra. A differenza del Pd possiamo pensare a una “normale” alleanza progressista di tipo europeo, come si fece nel '94, senza il bisogno di improbabili modelli americani. Sfidiamo il Pd sui contenuti e sui consensi. E perché no, proviamo a superarlo.

martedì 3 luglio 2007

Smartcard e software, la PA che non si parla

Mi permetto di evidenziare un problema concreto con un esempio un po' sintetico, e per questo un po' lacunoso. Se fossi un avvocato a Milano e dovessi fare un decreto ingiuntivo, firmare un bilancio, accedere ai servizi sanitari ed identificarmi con una carta d'identità, dovrei girare con 4 smartcard nel portafoglio: smartcard che attestano 4 volte la mia identità. Dovrei avere, infatti, una smartcard per il PCT (Processo Civile Telematico), una CIE (Carta d'Identità Elettronica), una tessera sanitaria CNS (Carta Nazionale Servizi), ed una smartcard per firmare bilanci od altro. A dire il vero usufruendo dei benefici della Regione Lombardia sul gas-auto si puo' ottenere una quinta tessera: una smartcard per ottenere il 10% di sconto sui rifornimenti (direttamente dal benzinaio). Posso solo ringraziare il cielo che la Regione Lombardia per la gestione dei servizi sanitari parli con il CNIPA (Centro Nazionale per Informatica nella Pubblica Amministrazione) e quindi non si sia inventata una sua CNS. Mi chiedo, pero', perché solo i comuni di Grosseto, Trento e pochi altri si siano presi la briga di pensare che gli strumenti per gestire le card con cui trattano (CIE e CNS) dovessero essere oggetto di applicativi condivisi (FLOSS, acronimo di Free/Libre Open Source Software) ed inoltre crossplatform, per essere fruibili da tutti i cittadini, ed avere costi contenuti sia per i cittadini che per la PA. Ad oggi i Ministeri coinvolti e la Regione Lombardia hanno speso soldi, direttamente o indirettamente, per: 1. Studiare come identificare un cittadino 2. Realizzare un'infrastruttura informatica per l'interscambio dati con il cittadino. Lo hanno fatto da soli o con il CNIPA, ma non parlando tra loro. 3. Hanno pagato programmi che sono risultati più o meno validi, programmi per l'ufficio che devono gestire i contatti con il pubblico o ricevere i dati digitali. In tutto questo, suppongo che se un giorno in Piemonte decideranno di copiare la Lombardia per la sanità ripartiranno da ZERO: eppure già il CNIPA ha segnalato a tutta la PA di condividere le informazioni ed i progetti informatici. Portare il FLOSS nella pubblica amministrazione significa ORDINARE esplicitamente con parole chiare e semplici ai vari ministeri che se pagano un applicativo che poi è di loro esclusiva proprietà, come al Ministero della Giustizia, questo è sì un BENE intangibile ma pur sempre un BENE pubblico, condivisibile con gli altri ministeri e con i cittadini italiani e le imprese italiane e DEVE finire sull'ASC del CNIPA ogni giorno e tutti i giorni. Tutto questo per EVITARE che ogni ministero crei un'autostrada informatica con i suoi caselli per l'autenticazione e con i suoi particolari "telepass" pretendendo di divenire piena di esperti sul tema e di decidere se le auto che dovranno percorrerla devono essere blu o rosse, alte o basse: perché se l'autostrada invece di digitale fosse "fisica", già da tempo, sarebbe chiaro a tutti che è UNO SPRECO DI RISORSE e TEMPO costruire cinque identità digitali per una persona fisica e pretendere di fare cinque strade nuove quando vari servizi potrebbero convergere, in un'unica smartcard, un'unica identità e ridotte "autostrade informatiche".

lunedì 2 luglio 2007

Energia Pura Casa: l'offerta ENEL per le famiglie

Energia Pura Casa è l'offerta di ENEL ai clienti domestici particolarmente sensibili ai temi ambientali (tanto da meritarsi una campagna pubblicitaria apposita nelle scorse settimane).

Il pacchetto prevede la fornitura di energia rinnovabile, certificata dal RECS (Renewable Energy Certificate System). Essendo una certificazione europea ed essendo in Europa proibito per legge chiamare “fonti rinnovabili” i rifiuti che vengono bruciati per fare energia... spero che ENEL non rivenda spazzatura a chi sottoscrive il contratto.
Nel comunicato ufficiale leggo che “Energia Pura Casa prevede un prezzo dell’energia bloccato per ben due anni, ponendo così al riparo anche le famiglie, dalle variazioni del costo dell’energia elettrica.” L'ipotesi che il prezzo dell'energia possa scendere, come vedete, non viene nemmeno preso in considerazione. L'offerta a prezzo bloccato conviene alle famiglie se il prezzo dovesse continuare a salire, ma se dovesse scendere sarebbe ENEL a guadagnarci.
Altro caposaldo della fidelizzazione dei clienti: la raccolta punti “se vieni da me vinci un tostapane”. Sempre nel comunicato dell'ENEL leggo che “si possono accumulare Punti Energia per avere premi per la casa e il tempo libero e vantaggi speciali per i propri acquisti, grazie a convenzioni con grandi catene distributive, oppure bonus direttamente in bolletta.”Ovvio che il prezzo di questi premi qualcuno lo paga e di solito lo pagano i consumatori. Anche quelli che non collezionano i punti fiammella.
Secondo un sondaggio EURISKO svolto in giugno e commissionato da ENEL, la maggior parte degli italiani è comunque restia a cambiare contratto, mentre il 28% ci sta pensando, più o meno seriamente. Interessante vedere che a sapere della liberalizzazione del mercato dell'energia è solo il 40% degli intervistati. In pratica, la maggioranza di quelli che sanno di avere una possibilità di cambiare, vogliono cambiare. Personalmente penso che una buona parte di chi vuole cambiare (lasciando l'ENEL per altri) lo faccia proprio per motivi ecologici.
Comunque sia non ci si può far abbindolare da ENEL: se la mano sinistra cura l'ambiente, la loro mano destra è sporca di carbone e quando entrambe lavano la faccia cosa ne viene fuori?